MILANO (MF-DJ)--Le entrate della Russia derivanti dalle esportazioni di combustibili fossili sono crollate a dicembre, ostacolando in modo significativo la capacità del presidente Vladimir Putin di finanziare la guerra in Ucraina.

È quanto emerge da un rapporto pubblicato dal Center for Research on Energy and Clean Air, un think tank finlandese indipendente. I risultati, scrive Cnbc, illustrano l'efficacia delle misure adottate per prendere di mira le entrate petrolifere della Russia e sottolineano l'urgente necessità per i politici occidentali di aumentare la pressione finanziaria su Mosca per aiutare Kiev a prevalere nel conflitto.

Nello specifico, il rapporto ha rilevato che il primo mese di divieto dell'Unione europea sulle importazioni marittime di greggio russo e il price cap del G7 sono costati a Mosca una stima 160 milioni di euro al giorno.

Secondo il rapporto, le misure occidentali sono state in gran parte responsabili di un calo del 17% delle entrate russe derivanti dalle esportazioni di combustibili fossili nell'ultimo mese del 2022. Ciò significa che la Russia, uno dei principali produttori ed esportatori di petrolio al mondo, ha visto crollare i guadagni derivanti dalle esportazioni di combustibili fossili al livello più basso da quando Putin ha lanciato la sua invasione su vasta scala dell'Ucraina alla fine di febbraio.

"Il divieto del petrolio dell'Ue e il tetto massimo sul prezzo del petrolio sono finalmente entrati in vigore e l'impatto è significativo come previsto", ha dichiarato in una nota Lauri Myllyvirta, analista capo di Crea.

"Questo dimostra che abbiamo gli strumenti per aiutare l'Ucraina a prevalere contro l'aggressione della Russia. È essenziale abbassare il prezzo massimo a un livello che neghi i profitti petroliferi tassabili al Cremlino e limitare le rimanenti importazioni di petrolio e gas dalla Russia", ha affermato Myllyvirta.

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(END) Dow Jones Newswires

January 11, 2023 11:07 ET (16:07 GMT)