MILANO (MF-DJ)--La congiuntura macroeconomica e il contesto geopolitico pesano sulle Pmi: aumentano quelle a rischio e quelle vulnerabili e al contempo si amplia il divario tra le imprese sane e quelle "zombie", ovvero già in difficoltà e non in grado di operare secondo le condizioni di mercato.

E' quanto emerge dal Rapporto Cerved Pmi 2022, lo strumento di analisi della condizione economico-finanziaria delle piccole e medie imprese italiane (160.000 quelle prese in esame).

Più nel dettaglio la destabilizzazione del quadro internazionale e lo shock energetico hanno ridimensionato le aspettative di ripresa economica, che si avviavano a superare i livelli pre-Covid grazie al forte rimbalzo del 2021, e invertito di nuovo il trend, con un conseguente aumento della rischiositá delle Pmi nel biennio 2022-23 e un calo del fatturato. In base al Cerved Group Score Forward Looking, l'indice di rischio prospettico di Cerved, nello scenario peggiore - escalation del conflitto russo-ucraino, blocco delle forniture di gas, mancata implementazione del Pnrr - le Pmi in area di sicurezza si ridurrebbero infatti dall'attuale 46,7% al 35,7% mentre quelle rischiose salirebbero dal 5,7% al 7,5% e quelle vulnerabili dal 13,9% al 20,8%.

Quanto ai fatturati, nello scenario piú pessimista si contrarrebbero in

media dell'1% (-2,4% il Mol), generando nel 2023 una dinamica recessiva

(-1%) causata dalla riduzione dei consumi (-0,6%) e dalla stagnazione di

investimenti (+1,6%) ed export (+1,9%), con effetti molto piú pronunciati

nei settori ad alta dipendenza dal gas e dall'energia.

Proprio i continui ribaltamenti di scenario, però devono indurre a un approccio multidimensionale al rischio: le pur gravi difficoltá contingenti non devono fare allentare la presa sulla vera sfida dei prossimi decenni, cioè la gestione della transizione verso un'economia sostenibile per scongiurare eventi estremi che rappresentano una seria minaccia anche a livello sociale e finanziario. Un dato su tutti: chi non adotterá provvedimenti per mitigare i rischi fisici legati ai cambiamenti climatici avrá nel 2050 il 25% in piú di probabilitá di default rispetto a oggi, e il 44% in piú di chi invece investe fin da ora. Non solo: per le imprese ad alto rischio fisico (oltre l'8%) si prospetta al 2050 una quota di costi annui per la ricostruzione pari all'1,6% dell'attivo e un aumento dei premi assicurativi fino al 3% del fattura.

Cerved nello studio presentato oggi stima che l'indebitamento

aggiuntivo delle imprese in condizioni di sicurezza sia di circa 81

miliardi. Chi non interverrá sui rischi fisici legati alla crisi

climatica avrá nel 2050 il 25% in piú di probabilitá di default

rispetto a oggi e il 44% in piú di chi investe.

"Complessivamente, l'investimento che le Pmi dovrebbero sostenere per finanziare fin da ora il processo di transizione è di circa 135 miliardi di euro entro il 2030 (cioè il 47% dello stock delle immobilizzazioni materiali dichiarato nel 2020 e il 12,8% dell'attivo)", commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved. "Per il 79,7% a carico dell'industria (circa 109 miliardi), per l'8% dei servizi (quasi 11 miliardi) e il resto diviso tra costruzioni (4,3%, quasi 6 miliardi), commercio (4,1%, 5,6 miliardi), trasporti e public utilities (3,5%, quasi 4,8 miliardi) e agricoltura (0,4%, 570 milioni). Abbiamo stimato, però, che l'indebitamento aggiuntivo in condizioni di sicurezza delle Pmi italiane sia di circa 81 miliardi di euro, quindi oltre la metá degli investimenti necessari potrebbe essere finanziata con un aumento dell'indebitamento senza un impatto significativo sulla soliditá finanziaria: una sfida che le imprese, con il supporto intelligente del sistema bancario, sono ampiamente in grado di affrontare".

Analizzando il rischio di default delle Pmi per macrosettori, nello scenario peggiore Cerved nota che nell'industria e nei servizi le quote di imprese in area di sicurezza calano rispettivamente di 13,8 e 11,6 punti percentuali (da 58,7% a 44,9% e da 45,4% a 33,8%). È l'industria a registrare il maggior numero di aziende che entrano in area di rischio (+5,1% se si considerano i debiti finanziari), mentre nei servizi crescono quelle in area di vulnerabilitá (+8,5%, e +12,8% considerando i debiti finanziari). Particolarmente contenuto è invece l'impatto per il settore delle costruzioni.

Quanto ai fatturati reali, nel prossimo biennio seguiranno traiettorie diversificate nei due scenari. Mentre, nell'ipotesi piú pessimistica, nel 2023 saranno in calo (-1% di media) in tutti i settori ad eccezione delle costruzioni, così come diminuirá il Mol (-2,4%), in quello moderato - in cui gli elementi di crisi di questi mesi non si spingono alle estreme conseguenze - i fatturati reali continueranno a salire anche nel 2023, seppur con una decelerazione. Il settore con la maggiore crescita stimata, cumulata nel biennio 2022-2023, è quello agricolo (+6,7%), seguito da costruzioni (+4,7%) e servizi (+4,5%). L'industria si ferma a +2,5%. Un altro effetto del peggioramento della congiuntura è il riacutizzarsi del divario tra le imprese "zombie", cioè non in grado di operare secondo le normali condizioni di mercato, e il resto del sistema di Pmi. Al momento ne risultano attive 13.851 (3.759 in piú rispetto al 2021, quando invece erano calate di 6.708 unitá), in particolare nei servizi e dell'industria. I dati del primo semestre 2022 mettono in evidenza che le incidenze di gravi ritardi nei pagamenti e le quote di rischio sono molto piú elevate tra le imprese zombie, con un divario in crescita rispetto al 2020-21: esse infatti pagano in media 10 giorni dopo i termini concordati, contro i 6,8 giorni del resto delle Pmi, e la quota di gravi ritardi si attesta sul 4,5%, contro il 2,8% delle aziende sane.

cce

MF-DJ NEWS

2211:00 nov 2022


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November 22, 2022 05:01 ET (10:01 GMT)