Nonostante l'abile bilanciamento di Jerome Powell, il tono più dovish del previsto del suo discorso ha infiammato il mercato azionario e ha pesato notevolmente sui rendimenti obbligazionari. Sebbene lo status quo fosse ampiamente previsto, la piccola frase che ha acceso la miccia è stata che il numero di membri della Fed che ritengono necessario un ulteriore rialzo dei tassi è diminuito rispetto all'ultimo dot-plot di settembre. È bastato questo per ridurre significativamente la probabilità di un altro rialzo dei tassi a dicembre.

Allo stesso tempo, il mercato del lavoro sta mostrando i primi segnali di rallentamento, come evidenziato dagli indicatori ADP e JOLTS. La pubblicazione dei dati sui salari non agricoli conferma questi segnali positivi e rafforza l'idea che la Fed abbia completato il suo ciclo di inasprimento monetario.

In questo contesto, vale la pena notare la tenuta dell'economia statunitense in un contesto di dati trimestrali ampiamente soddisfacenti, che alimentano la tesi di un atterraggio morbido.

Dall'altra parte del mondo, anche la Banca d'Inghilterra ha mantenuto i tassi invariati, consentendo al Gilt di recuperare leggermente. Anche la configurazione del decennale britannico è particolarmente interessante da osservare, in quanto da diversi mesi si assiste a una fase di distribuzione sotto il 4,75%. Tuttavia, per confermare un'inversione di tendenza sarà necessario rompere sotto il 4,15%, livello che corrisponde anche alla media mobile a 200 giorni.

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Fonte: Bloomberg

Per quanto riguarda il decennale statunitense, il calo in corso sotto il 5% si è appena riflesso in una rottura del 4,60%. Questo primo livello è un segnale incoraggiante che indica che la spinta al rialzo in atto dall'estate scorsa sta per finire, con il 4,10% in vista.