ROMA (MF-DJ)--Da un lato il 2022 ha portato segnali incoraggianti per la ripresa del traffico aereo in Italia, dall'altro si è chiuso con alcune questioni in sospeso per il riassetto di alcuni dei principali scali del sud Italia. In particolare, quelli di Sicilia, Sardegna e Puglia sono tra i sistemi aeroportuali che finiranno al centro del risiko dei cieli questo 2023.

I dossier delle due isole, scrive MF-Milano Finanza, sono quelli più avanzati, ma la Sicilia forse mostra lo scenario più complesso tra piani Enac e volontà della politica locale. I due catalizzatori sono gli scali di Palermo e Catania. Forse alla luce delle recenti questioni sul caro voli e l'ipotesi di cartello tra compagnie aeree, i più saggi invocano la creazione di un unico polo che farebbe decollare la Sicilia al terzo posto dopo Roma e Milano, con oltre 18,5 milioni di passeggeri. L'Enac, però, nella bozza del nuovo piano nazionale ha inserito un progetto per creare due poli, uno che riunisce Palermo-Trapani-Lampedusa (ovest) e l'altro che unirebbe Catania a Comiso (est). Il piano ha incontrato anche il favore del presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, il quale ha aggiunto come il polo orientale sarebbe candidato a diventare hub del Mediterraneo, trainando l'economia di quella parte di regione.

Un'importanza poco gradita agli esponenti della politica palermitana. In tutto questo scenario, dunque, resta una sola (importante) certezza, cioè che il futuro degli scali passerà per l'ingresso di nuovi soci privati. Su Catania il dossier è più avanzato, essendo ripartito a novembre 2021 (come rivelato da MF-Milano Finanza il 5 novembre 2021). Al lavoro vi sono i legali di Gianni&Origoni-Gop, che stanno per consegnare le valutazioni per dare il via al processo. Si dovranno attendere le prossime settimane invece per l'avvio ufficiale della vendita dell'aeroporto di Palermo. La finalizzazione di entrambi i processi potrebbe fruttare fino a un miliardo d'euro, andando a rimpinguare le casse di tutti gli enti locali e le camere di commercio socie di entrambe le società.

Ben diversa è la situazione per gli scali sardi di Olbia, Alghero e Cagliari, il cui riassetto prevede proprio l'unione delle forze in un'unica società che avrebbe come partner operativo F2i. Il piano consisterebbe nel dare vita a una nuova holding (rigorosamente a controllo pubblico) sotto la quale verrebbero fatti confluire i tre scali, semplificando la struttura societaria. Attualmente i tre aeroporti hanno azionisti in parte diversi e in parte comuni. Alghero è controllata al 71% da F2i Ligantia (veicolo partecipato da F2i al 79%, Fondazione di Sardegna al 5% e da BlackRock Infrastructure al 16%), da Regione Sardegna al 23% e Sfirs al 5%. Olbia vede F2i Ligantia all'80% e Camera di Commercio di Sassari-Nuoro e Regione Sardegna a spartirsi il restante 20%. Quello di Cagliari, infine, vede la Camera di Commercio 94%, la Sfirs al 3,4% e F2i Ligantia allo 0,2% (quota ereditata da Alisarda).

Sul dossier le polemiche hanno riguardato solo il tema del controllo della nuova società, ma una volta acclarato che la guida sarà pubblica, le acque si sono calmate. Sullo sfondo resta solo la polemica delle sigle sindacali, alla costante ricerca di garanzie sul mantenimento dei posti di lavoro, peraltro mai messi in discussione.

Resta poi la partita su Aeroporti di Puglia, società che gestisce gli scali di Bari, Brindisi, Foggia e Taranto Grottaglie (che ricopre una funzione cargo-logistica e serve come integrazione tra trasporto aereo e industria aerospaziale). Da indiscrezioni sembrerebbe che la società sia persuasa da tempo a valutare aperture di capitale, ipotizzando anche la strada della quotazione in borsa.

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