Dalla crisi dell'euro e dalla fine del mandato del carismatico Jean-François Roverato, si è concluso un ciclo completo, dieci anni: è l'occasione per fare un bilancio della performance di Eiffage, un gruppo con una notevole cultura aziendale, in cui, va ricordato, più di un quinto del capitale è detenuto dai dipendenti.

Alla luce di un simile bilancio, sottolineiamo l’esemplare gestione aziendale. Eiffage ha registrato una modesta crescita del fatturato - ad un tasso annualizzato del 4,1% - ma nel periodo i suoi utili per azione e il pagamento dei dividendi sono triplicati.

Il gruppo ha approfittato dei bassi tassi di interesse per rifinanziarsi - risparmiando quasi 400 milioni di euro all'anno in interessi passivi - ma non per indebitarsi, poiché la leva finanziaria è molto più bassa alla fine del ciclo che all'inizio. È una buona osservazione, segno di una gestione conservativa.

Tuttavia, il rendimento del capitale proprio è migliorato in modo così significativo da raggiungere i massimi storici. Lo stesso vale per i margini operativi, che sono molto più alti nel ciclo attuale rispetto a quello precedente.

Le grandi operazioni di trasformazione degli ultimi anni - la riorganizzazione in divisioni, l'espansione internazionale, la svolta nei lavori offshore con l'acquisizione di una filiale Saipem, ecc. – sono dunque stati salutari.

A metà del 2023, tuttavia, il mercato valuta le azioni di Eiffage ai minimi della crisi dell'euro, ossia tra x8 e x9 di utile, mentre tra il 2013 e il 2021 le valutava tra x13 e x16 di utile.

Il messaggio telegrafico è chiaro: gli investitori, a torto o a ragione, prevedono una contrazione economica.