ROMA (MF-NW)--Stava recuperando terreno l'attività di venture capital in Israele, dopo una prima parte dell'anno iniziata in sordina, con gli investitori spaventati dall'ipotesi di riforma della giustizia non ancora ben chiara. I timori sulla certezza del diritto, infatti, stavano rientrando, ma questo prima del sanguinoso attacco di Hamas. Che certo avrà un peso importante non solo in termini umanitari ma anche in termini economici. A discapito soprattutto del settore tech, quello che più caratterizza l'economia del Paese e che ha attratto negli ultimi anni investitori da tutto il mondo, italiani compresi. Le statistiche dicono che nel settore tech è impiegata il 14% della forza lavoro del paese e che il settore rappresenta quasi un quinto del pil.

Nel terzo trimestre dell'anno, spiega MF-Milano Finanza, l'attività di investimento in startup e scaleup israeliane, praticamente tutte nel settore tech, ha recuperato, con una raccolta complessiva di 1,676 miliardi di dollari spalmata su 85 transazioni. Il valore degli investimenti è in calo del 38% rispetto a quello raccolto nel terzo trimestre 2022, così come il numero delle transazioni in diminuzione del 41%. Tuttavia, in un confronto trimestrale, il volume della raccolta di capitali nel terzo trimestre riflette una diminuzione solo del 14% rispetto al secondo trimestre dell'anno e quasi nessuna variazione rispetto al primo trimestre. Sono i dati preliminari diffusi da Ivc-LeumiTech Israeli, che quindi calcola una raccolta complessiva per i primi nove mesi dell'anno di soli 5,5 miliardi e 319 operazioni, contro i 15,8 miliardi di dollari e le 694 operazioni di tutto il 2022.

Ora molti dei fondatori di quelle startup e scaleup, così come molti venture capitalist del Paese, sono stati chiamati alle armi a difesa, mettendo evidentemente a rischio l'operatività delle loro aziende. Tra questi c'è anche Noam Ohana alla guida di Exor Seeds, il braccio di venture capital di Exor, la holding di investimento della famiglia Agnelli, quotata ad Amsterdam. Ohana, 45 anni, francese di nascita, un ex forze speciali israeliane e residente in Israele dal 2001, intervistato il 9 ottobre da Le Parisien - Today in France, Ohana era in auto diretto al sud del Paese per raggiungere le Forze di difesa israeliane.

Ovviamente la priorità in questo momento è reagire all'attacco di Hamas, con buona pace degli investitori. Sperando in una guerra lampo.

La tecnologia israeliana affascina anche gli italiani. Dal database di BeBeez emergono 20 investimenti di questo tipo. Tra questi, ci sono quelli dei business angel del Club degli Investitori e di Italian Angels for Growth (IAG) che hanno investito in tre startup israeliane ciascuno.

Allo stesso modo anche il fondo Neva First, gestito da Neva sgr (gruppo Intesa Sanpaolo) ha investito oltre 23 milioni di euro in sei startup israeliane: CoreTigo (sviluppo di soluzioni tecnologiche wireless), vFunction (tecnologie per il cloud aziendle); Seed-X (intelligenza artificiale per studiare le proprietà di semenze e grani); Classiq (libreria software per quantum computing); Coro (cybersecurity, piattaforma all-in-one basata sulla intelligenza artificiale); Cyberint (cybersecurity aziendale e monitoraggio rischi).

Non solo. Intesa Sanpaolo Innovation Center ha a sua volta siglato nel 2018 un Memorandum of understanding con la piattaforma israeliana di equity crowdfunding OurCrowd, con l'obiettivo di agevolare l'accesso al mercato internazionale delle proprie startup tecnologiche. Ourcrowd è un vero e proprio colosso: nel novembre 2022 ha festeggiato il superamento della soglia dei 2 miliardi di dollari di capitali investiti in piattaforma. E a proposito di equity crowdfuding, a maggio Iag ha siglato un accordo con Cic (Catalyst Investors Club) di Catalyst Investments, nota holding israeliana di investimento, per lanciare insieme Catalyst Crowd, una piattaforma esclusiva di crowdinvesting per coinvolgere investitori selezionati a scommettere su società italiane ed europee deep tech, che potrebbe avere l'hub europeo proprio in Italia. A proposito di Catalyst, si tratta dello stesso operatore di venture capital che gestisce il fondo Catalyst IV, di cui dal giugno 2021 è sottoscrittore anche il fondo 8a+ Real Innovation, gestito da 8a+ Investimenti sgr e lanciato insieme a Banca Generali nell'ambito del progetto BG4Real. E sempre in tema di accordi, nel 2019 l'incubatore lodigiano Bemycompany ha siglato un protocollo di intesa con Sixth Millennium, fondo di venture capital specializzato in startup ad alto contenuto tecnologico con sede a Tel Aviv, per facilitare il trasferimento di tecnologia fra le società partecipate dal fondo e quelle incubate da Bemycompany. Peraltro Sixth Millennium nel febbraio 2020 aveva provato a raccogliere capitali dai retail italiani nel xx con una campagna di equity corwdfunding su CrowdFundMe con target 500 mila euro, ma si era fermato a poco meno di 200 mila.

Il flusso di investimenti in senso contrario, cioè da venture capital israeliani su startup italiane, è invece al momento quasi inesistente. BeBeez ha mappato soltanto due operazioni. Una sulla proptech RockAgent condotto nel 2019 da un pool internazionale di business angel coordinati dall'accelaratore israeliano Sarona Partners 365x; e l'altro chiuso invece di recente su Diamante srl, società biotech focalizzata sull'utilizzo delle piante per la produzione di molecole ad alto valore aggiunto, che ha raccolto un seed round da 595 mila euro, guidato dal fondo americano-israeliano Arieli Capital e a cui hanno partecipato anche business angel dei network Angels4Women e Angels4Impact, già presenti nel capitale.

Un poco più ricco, per contro, il flusso di investimenti su pmi italiane condotti da operatori di private equity israeliani oppure da aziende israeliane nel portafoglio di fondi. Sono state mappate 5 operazioni di questo tipo. E ci sono poi anche tre operazioni condotte nel settore delle energia da fonti rinnovabili. Queste ultime sono peraltro anche le più recenti. A giugno Shikun & Binui Energy, società israeliana parte del gruppo infrastrutturale Shikun & Binui, ha acquisito due progetti agro-fotovoltaici in Toscana per una capacitaØ totale di 43 MW. Si aggiungono a una pipeline già esistente di quattro progetti in Sicilia, con una capacitaØ di 257 MW, portando a un totale di 300 MW l'impegno del gruppo nell'energia verde e pulita in Italia. A febbraio, invece, l'israeliano Helios Energy Investments ha acquisito il 70% del capitale di Euren Biogas Società Agricola dalla tedesca Paf Projects For Advanced Fuels. Ad affiancare il fondo è stato il co-investitore ceco Renewable Asset Management. Sempre Helios Energy nell'agosto del 2021 aveva acquisito un portafoglio di 2 MW di centrali a biogas situate in Lazio dalla britannica ContourGlobal. E ancora, l'israeliana quotata alla Borsa di Tel Aviv, Solegreen possiede un portafoglio di 30 impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, dislocati in diverse regioni italiane, e 20 società, per una capacità installata complessiva di oltre 30 MW.

Nel dicembre 2022 ha rifinanziato tutto il portafoglio ottenendo un green loan da 140 milioni di euro da UniCredit, Ing Bank e Société Générale, che servirà anche a finanziare ulteriori investimenti nel nostro paese. E ancora in tema di transizione energetica, va segnalato l'accordo siglato un anno fa tra A2A e il fondo di investimento tecnologico israeliano Southern Israel Bridging Fund (Sibf) per la realizzazione di un polo congiunto dell'innovazione con base a Tel Aviv e per favorire la condivisione di know how nella valutazione delle reciproche opportunità di investimento in startup, sia italiane sia israeliane, con focus sulla transizione ecologica.

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3108:58 ott 2023


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