Evidentemente con successo, poiché registra un fatturato record nel 2023: €2,1 miliardi, contro €1,8 miliardi dello scorso anno e €1,5 miliardi di due anni fa.

Negli ultimi diciotto mesi, L'Occitane ha aggiunto al suo portafoglio il marchio australiano Grown Alchemist e l’americano-brasiliano Sol de Janeiro. Nel 2019, ricordiamo, l’azienda aveva acquisito il lussuoso marchio britannico Elemis in un primo sforzo di diversificazione.

Le sinergie sono evidenti quando L'Occitane mette a disposizione di queste giovani promesse il suo network globale di punti vendita - in particolare la sua posizione nel lucrativo segmento del travel retail - e la sua competenza nella distribuzione.

La prova è nelle vendite di Sol de Janeiro, aumentate del 284% nel quarto trimestre. Elemis, dal canto suo, cresce del 18%, e gli altri marchi del 15%. Queste performance compensano la stagnazione del marchio storico L'Occitane, che rappresenta ancora i due terzi delle vendite.

Le vendite "wholesale" aumentano del 60% sull'anno, e le vendite online del 9%, compensando anche la crescita stagnante del network di negozi di proprietà. Sia a livello di canali di distribuzione che di portafoglio di marchi, il gruppo ha intrapreso un autentico cambio di strategia.

Nonostante la scarsa quotazione del titolo nell'ultimo decennio, la performance operativa e finanziaria dell'azienda rimane buona e la sua gestione è caratterizzata da una sana dose di prudenza. Il fatturato cresce lentamente ma costantemente, con un tasso annuo del 7%, senza discostarsi da questa media.

Lo sviluppo più significativo dell'anno è senza dubbio la svolta negli Stati Uniti, dove L'Occitane vede le sue vendite aumentare dell'80% rispetto all'anno precedente, mentre stazionano in Europa e soprattutto in Asia. Se c'è un punto da monitorare, oltre alla resilienza del marchio storico L'Occitane, sarà probabilmente questo.

Negli ultimi due anni, il gruppo ha realizzato un utile in contanti medio di €300 milioni. I dettagli dei conti per l'anno 2023 non sono ancora stati pubblicati, ma, vista la crescita registrata nel corso dell'anno, non si può escludere una piacevole sorpresa.

Questi fondamentali non sembrano necessariamente in linea con una capitalizzazione di mercato di €3,6 miliardi. La causa è probabilmente da ricercare nella liquidità ridotta - Reinold Geiger controlla il 73% del capitale - e nella quotazione a Hong Kong non proprio in odore di santità negli ultimi mesi.