MILANO (MF-DJ)--Negli ultimi giorni qualche banker milanese ha scelto la strada del sarcasmo, definendo la girandola di numeri sul deal Unicredit- Mps una «tombola». Di certo il fabbisogno patrimoniale appare oggi l'ultimo ostacolo da superare per mandare in buca il deal.
Per trovare un'intesa il tempo rimasto è poco: le parti sono infatti determinate ad arrivare a una decisione entro mercoledì 27, quando Unicredit presenterà i risultati dei nove mesi. In pochi comunque dubitano che l'accordo salterà, anche se le regole della finanza impongono a compratore e venditore di trattare sino all'ultimo minuto utile. Per ora si può solo osservare che i numeri in gioco si sono decisamente allontanati da quelli previsti dopo il term sheet di luglio. Secondo quanto risulta, per preservare il presupposto della capital neutrality Unicredit starebbe chiedendo al Tesoro un'iniezione di equity compresa tra i sei e gli oltre otto miliardi, così articolata: 2,5-3 miliardi per portare il cet1 di Mps (oggi al 10,6%) ai livelli di quello di Unicredit (15,5%); 3-3,5 miliardi per coprire gli oneri di ristrutturazione relativi ai circa 7.000 esuberi; 2,5 miliardi per pulire l'attivo e coprire i crediti in bonis stage 2 che saranno trasferiti a piazza Gae Aulenti.
UniCredit S.p.A. figura tra i primi gruppi bancari europei. Il fatturato per attività è ripartito come segue:
- banca d'affari, investimento, finanziamento e merchant bank (53,7%): leasing, factoring, realizzazione di operazioni su titoli, interventi sui mercati dei tassi, dei cambi, azionari e di prodotti derivati, brokeraggio, ecc.;
- banca al dettaglio (46,3%).
A fine 2022 il gruppo gestisce 511,9 Mld EUR di depositi e 524,9 Mld EUR di crediti.
La commercializzazione dei prodotti e servizi è garantita da una rete di 3.175 agenzie localizzate principalmente in Italia (2.986).
La ripartizione geografica dei ricavi (prima delle elisioni infragruppo) è la seguente: Italia (43,5%), Germania (24,3%), Europa centrale (16,6%), Est Europa (9,6%) e Russia (6%).