La questione di uno smembramento in stile General Electric, Honeywell o Dupont è destinata a tornare, dato che il gruppo di Minneapolis si ritrova con 16 miliardi di dollari da saldare con vari querelanti nei casi dei suoi protettori acustici difettosi e dei cosiddetti PFAS.

Il conto è salato — rappresenta i profitti di tre anni — e non si sa se un altro scheletro stia per uscire dall'armadio. Di conseguenza, la valutazione in Borsa di 3M è crollata a circa 8 volte gli utili dello scorso anno.

Ecco un dato a cui prestare attenzione. 3M non registra una crescita da tempo, ma negli ultimi anni il suo rendimento sul capitale proprio si è aggirato tra il 40% e il 50%, con una leva finanziaria ben controllata.

I difensori del modello conglomerato sostengono che l'unione delle risorse delle varie divisioni consente di sostenere budget elevati per la ricerca e lo sviluppo. Senza contestare questa affermazione, va notato che la R&S di 3M — che in genere consuma dal 5% al 7% del fatturato — non ha prodotto né crescita né espansione dei margini.

Il caso richiama inevitabilmente alla mente Bayer, anch'essa oggetto di numerose controversie e regolarmente messa in discussione per quanto riguarda la rilevanza della sua struttura. L'esempio non ispira nulla di buono per 3M, anche se il confronto non è sempre azzeccato.

Il dividendo dell'azienda americana dovrebbe rimanere invariato. Al contrario, la risoluzione delle controversie comporterà senza dubbio l'interruzione del programma di riacquisto di azioni. È un peccato: negli ultimi anni il gruppo ha riacquistato massicciamente le proprie azioni a livelli elevati; ora che sta emergendo un potenziale sconto, probabilmente non sarà più in grado di farlo.

Lo spin-off della divisione salute, previsto per la fine dell'anno, dovrebbe comunque consentire di ripianare una buona parte del debito. A condizione che nel frattempo i mercati finanziari si riprendano...