MILANO (MF-DJ)--Quattordici anni sono un'eternità anche per il diritto fallimentare italiano che non brilla certamente per speditezza nelle sue procedure. Alla fine però il prossimo 22 giugno si dovrebbe chiudere l'odissea della Fingruppo, la holding di Emilio Gnutti e dei suoi partner bresciani che tra il 1999 e il 2005 partecipò a operazioni finanziarie clamorose quanto spericolate come l'opa di Roberto Colaninno e dei suoi capitani coraggiosi sulla Telecom e la scalata alla Banca Antonveneta (quest'ultima peraltro sfociata in un'inchiesta giudiziaria). Tra una decina di giorni l'assemblea sarà chiamata ad approvare il bilancio finale della società, l'ultimo atto di un procedimento partito nel giugno 2008 quando ebbe inizio la liquidazione volontaria sotto la regia del commercialista bresciano Diego Rivetti.
A complicare il percorso, scrive MF, è stato il contenzioso tributario con l'Agenzia delle Entrate che nel 2011 aveva chiesto la rettifica dei redditi dichiarati da Fingruppo per il 2006, facendo emergere un petitum di oltre 100 milioni. Dopo due sentenze favorevoli in primo e secondo grado, la lite è arrivata in Cassazione dove è stata chiusa solo nel 2018 per un costo finale di circa cinque milioni. A quel punto per il liquidatore Rivetti è stato possibile accelerare e avviare gli ultimi passaggi per arrivare alla chiusura della procedura.
La tappa più rilevante è stata la cessione dei crediti di Banco Bpm, Montepaschi e Mittel (gli istituti che avevano aderito all'accordo di ristrutturazione del 2008) a Illimity nell'ambito di un deal realizzato un paio di anni fa. La challenger bank milanese di Corrado Passera è così diventata l'unico creditore di Fingruppo, semplificando notevolmente i processi decisionali nell'ambito della procedura. A Illimity è pertanto destinato l'attivo residuo della holding che, proprio lo scorso anno, si è concentrata sulla cessione degli asset di proprietà e, in particolare, di un immobile collocato all'Eur di Roma. Queste operazioni nel loro complesso hanno permesso di creare una cassa di circa 13 milioni che è andata ad aggiungersi a crediti fiscali per circa 3,4 milioni. «Si è trattato di un procedimento molto lungo anche per gli standard italiani», spiega a MF-Milano Finanza Rivetti per il quale «il risultato finale a cui è arrivata la società è comunque di soddisfazione».
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