MILANO (MF-NW)--Il direttore generale di Ita Airways Andrea Benassi confida di raggiungere il pareggio alla fine del prossimo anno anziché nel 2025 come previsto nel piano industriale. Proprio vero che l'ottimismo è l'anima del management. Piuttosto sarebbe interessante sapere chi saranno gli azionisti della compagnia italiana nel 2024 a godere del presunto pareggio. Il 25 maggio scorso il ministero dell'Economia ha annunciato l'accordo con Lufthansa, che prevede la cessione del 41% di Ita Airways ai tedeschi, ai quali competerà anche la gestione. Il tutto per 325 milioni di euro, cifra che corrisponde a una valutazione di 792 milioni per l'intero capitale.

Per prima cosa, scrive MF-Milano Finanza, corre l'obbligo di segnalare che i 325 milioni di cui sopra sono poco più della metà delle perdite accumulate dalla compagnia erede delle due Alitalia in amministrazione straordinaria (record inarrivabile) nei primi due anni, pari a 636 milioni a fronte di un capitale iniziale di 699 milioni. Ma ora la questione finanziaria passa addirittura in secondo piano, perché dell' accordo non si farà niente se non arriverà la necessaria ratifica della Commissione Europea. Che da mesi ha il dossier sul tavolo. Il ceo di Lufthansa, Carsten Spohr, si attende la risposta non prima del 2024.

Dalla firma dell'intesa italo-tedesca sono trascorsi ormai più di cinque mesi e ancora non si è fatto giorno. Difficile dire che cosa stia rallentando l'iter europeo. Di sicuro l'operazione, industrialmente tutta a vantaggio di Lufthansa, non lascia indifferente la concorrenza. Qualche settimana fa il Consiglio dei ministri ha sentito il bisogno di approvare una norma interpretativa per sedare i residui sospetti che fra Ita e la defunta Alitalia esista ancora un briciolo di continuità. Ma il nervosismo cresce. Anche perché questo dossier è soltanto uno degli argomenti di frizione fra governo italiano e Commissione Europea ed è decisamente meno importante in confronto a questioni come immigrazione, Pnrr e manovra economica. Per la verità non è che la cosa fosse partita sotto i migliori auspici.

Dopo il fallimento dell'avventura dei "patrioti", come li aveva appellati Silvio Berlusconi, e la disastrosa alleanza con gli arabi di Etihad, la seconda Alitalia era appena finita anch'essa in amministrazione straordinaria continuando a salassare il pubblico erario e il governo grilloleghista già immaginava di farne decollare una terza. Premeva disperatamente il ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio, allora capo politico del Movimento 5 Stelle. Che aveva fatto scendere in campo perfino le Ferrovie, rispolverando una vecchia idea che circolava all'inizio degli anni '90 durante il crepuscolo della cosiddetta Prima Repubblica. Si è dovuto però attendere il nuovo governo di Giuseppe Conte (quello con il Pd di Nicola Zingaretti al posto della Lega di Matteo Salvini) e la pandemia per vedere apparire uno stanziamento di 3 miliardi in un decreto Covid per la costituzione della nuova compagnia di bandiera. Era una follia, ma la palla cominciava a rotolare e non c'era verso di fermarla. A dispetto della realtà dei fatti, e cioè che una compagnia di bandiera con una cinquantina di velivoli non poteva stare in piedi. Dicono tutto i tre diversi consigli di amministrazione in due anni, con dimissioni e defenestrazioni in rapida successione. E la decisione di vendere a una compagnia estera inevitabilmente assunta prima ancora del debutto.

Non bastasse, neppure la scelta di Lufthansa è andata proprio liscia. Perché se è vero che il governo di Mario Draghi ce la stava mettendo tutta per chiudere con l'unico vero possibile acquirente, cioè Lufthansa, dall'opposizione Giorgia Meloni attaccava a testa bassa. Gravissime le accuse al management di Ita, ritenuto colpevole di aver "massacrato (testuale, ndr) la nostra compagnia di bandiera" preparandosi a "svendere (testuale anche questo, ndr) ai tedeschi di Lufthansa". Ovviamente in combutta con il governo in carica. E la futura premier non mollava nemmeno in campagna elettorale preparandosi a rilevare Draghi. Intimando all'ex presidente della Banca Centrale Europea di smentire prontamente "l'ipotesi di un'accelerazione del processo di vendita di Ita a Lufthansa". Salvo poi rendersi protagonista di un'improvvisa inversione di marcia una volta arrivata a Palazzo Chigi. Prova ne è stata la calorosa dichiarazione d'amicizia col cancelliere tedesco Olaf Scholz pochi giorni dopo la firma dell'intesa. "L'accordo fra Ita e Lufthansa testimonia quanto gli interessi nazionali di Italia e Germania possano essere convergenti anche sul piano strategico", disse Meloni. Pronta anche a chiedere conto a Bruxelles di "uno stallo curioso" su un' istruttoria che al ministero di Giorgetti risulta essere condotta "molto minuziosamente". Pure troppo, secondo la premier, che ha allertato il commissario italiano Paolo Gentiloni. Auspicando che "non si perda tempo" perché la pazienza sta per finire.

Ma la stilettata della presidente del Consiglio italiana non sembra aver scosso gli apparati comunitari. Le rimostranze risalgono a inizio settembre: da allora sono passati quasi due mesi e non c'è stato almeno in apparenza alcun significativo progresso. La situazione comprensibilmente genera qualche apprensione nel governo. Se fallisse l'alleanza con i tedeschi, le cose si metterebbero davvero male. Non si deve dimenticare che nella fornace della compagnia aerea di bandiera lo Stato ha gettato una quantità assurda di denari pubblici: certamente ben più di 10 miliardi di euro. Per avere una fetta che non arriva al 9% del trasporto passeggeri da e per l'Italia e ben due società fallite. Perché se errare è umano, dice un proverbio mai azzeccato come in questo frangente, perseverare è diabolico.

red


(END) Dow Jones Newswires

November 06, 2023 02:44 ET (07:44 GMT)