Cosa dire delle aziende che rivedono al ribasso i loro obiettivi di redditività a medio termine? Sanofi lo ha fatto venerdì scorso, citando la necessità di aumentare gli investimenti in R&S per garantire la creazione di valore a lungo termine.

Non sarà certo la redazione di MarketScreener ad avere da ridire su una simile dichiarazione. Per troppo tempo il gruppo farmaceutico francese è stato caratterizzato da una singolare mancanza di ambizione quando si trattava di innovazione, se non da un'eccessiva docilità alle richieste dei suoi azionisti.

I risultati trimestrali pubblicati venerdì non mostrano altro che la solita stabilità a cui Sanofi ci ha abituato. Il terzo trimestre mostra un modesto rallentamento, certo, ma nei primi nove mesi dell'anno il fatturato e l'utile operativo sono stati stabili.

I dividendi sono aumentati in modo significativo — un’ulteriore conferma che Sanofi non sta rivoluzionando il suo stile! — e la generazione di cassa sarebbe stata alla pari senza l'impatto negativo del fabbisogno di capitale circolante.

L'aumento del debito netto è dovuto principalmente alla promettente acquisizione di Provention avvenuta all'inizio dell'anno. Se sviluppata al massimo delle sue potenzialità, potrebbe rivitalizzare in modo significativo il franchise diabetico di Sanofi, nonostante la concorrenza di Ozempic.

Sarà che il mercato non ha digerito la decisione del gruppo di concentrarsi sui biofarmaci, ovvero di puntare sulla R&S? La strategia è effettivamente più rischiosa rispetto alle integrazioni verticali e orizzontali favorite in passato, ma anche più redditizia se le cose funzionano.

In questo gioco, le major hanno un vantaggio decisivo, poiché le loro enormi dimensioni permettono di diluire ampiamente il rischio integrando diversi programmi di ricerca per ogni categoria all'interno delle loro pipeline ben fornite e ben diversificate. I successi vengono inoltre sfruttati rapidamente, grazie alla loro impareggiabile forza commerciale.

L'evoluzione di Sanofi è simile a quella delle altre major farmaceutiche. Viene in mente Novartis, che ha recentemente completato la separazione della sua divisione di farmaci generici Sandoz (si veda il nostro recente articolo sull'argomento). Il gruppo francese non è il solo.

È pur vero che il mercato potrebbe essere stato leggermente smorzato dalle recenti battute d'arresto di Pfizer. A parte l'episodio del Covid, il gigante americano, pioniere di questa strategia di concentrazione sulla R&S, ha avuto una performance borsistica piuttosto deludente dopo la sua trasformazione.

Insomma: Sanofi sta attualmente lavorando a una serie di progetti importanti e la nomina di Frédéric Oudéa a Presidente del Consiglio di amministrazione ne è una chiara indicazione.

Il primo grande progetto è la separazione della divisione farmaci di consumo — che produce anche il blockbuster Doliprane — che dovrebbe avvenire entro un anno. Si tratterà di un'operazione molto più strategica dello spin-off di Europapi, di cui si è parlato qualche settimana fa proprio su queste colonne.

Per il resto, la rotta rimane invariata. Sanofi si sta riorientando verso trattamenti specialistici per l'oncologia e le malattie rare, lontano dai prodotti di massa che ne hanno decretato il successo agli inizi.

Alcuni analisti insoddisfatti puntano il dito anche sulla dipendenza critica del gruppo dal blockbuster Dupixent, che quest'anno rappresenterà quasi un quarto del fatturato consolidato. Per quanto possa valere, ricordiamo che non è nulla di nuovo per Sanofi, che in passato era fortemente esposta al Lantus.

Negli ultimi quindici anni, le azioni del gruppo sono state scambiate in un intervallo ben definito tra dieci e venti volte gli utili. Ora sta lentamente tornando verso questo livello, cosa che gli appassionati del genere senza dubbio apprezzeranno.