ROMA (MF-DJ)--Dopo un Natale moderatamente tranquillo, reduce dalla vittoria sul tetto al prezzo del gas nella trincea di Bruxelles, il ministro Gilberto Pichetto Fratin si è trovato di nuovo in prima linea. Inevitabile per chi è alla guida di un ministero, quello dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, che ha in mano alcuni dei dossier d'impatto più diretto sulla vita di imprese e consumatori, dalle bollette al caro-benzina, e in più deve procedere a passo di Pnrr per continuare a tenere allineati tempi e obiettivi, com' è stato sul finire del 2022.

Pichetto Fratin ha accettato di fare con MF-Milano Finanza un bilancio dei suoi primi due mesi e mezzo da ministro e il punto sugli obiettivi del 2023, a partire dai decreti firmati proprio in questi ultimi giorni.

DOMANDA. Ministro, partiamo dai più recenti sulle colonnine elettriche.

RISPOSTA. Con i due decreti che ho appena firmato, verranno installate entro la fine 2025 almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapida sulle strade extraurbane, escluse quindi le autostrade, e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci nelle città. Sulle superstrade sono previste infrastrutture super veloci, da 175 kW, per garantire ricariche in tempi brevi per itinerari di lunga percorrenza, privilegiando l'installazione presso stazioni di servizio e aree di parcheggio già esistenti. Contribuiranno a riqualificare l'attuale rete di distribuzione carburanti, adeguandola alla futura mobilità sostenibile.

D. C'era molta attesa per queste misure. Daranno davvero una spinta alla mobilità elettrica?

R. Certo, installare oltre 21 mila colonnine potrà consentire all'Italia di imprimere una marcia accelerata agli obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti, dal cui raggiungimento dipende anche la qualità dell'aria e della vita nei nostri territori. Gli uffici del Mase hanno svolto un lavoro tecnico di alto livello, che non lascia indietro alcuna area del Paese, ma dà la grande possibilità all'intero sistema nazionale di guardare, mai così da vicino, quei traguardi di sostenibilità che attendono la nostra mobilità.

D. C'è un altro decreto per il quale si è battuto molto, quello sulle Comunità Energetiche Rinnovabili.

R. Sì. La fase di consultazione si è conclusa lo scorso 12 dicembre. Il decreto prevede un sistema di incentivazione dedicato a impianti di potenza fino a 1 MW con un meccanismo di accesso diretto alla rete, e senza la necessità di bandire procedure competitive. C'è poi in fase di finalizzazione un provvedimento che impiega 2,2 miliardi di euro del Pnrr a favore di iniziative private o pubbliche di autoproduzione di energia da fonti rinnovabili. I finanziamenti saranno destinati in particolare ai comuni sotto i 5mila abitanti. Abbiamo l'obiettivo così di consentire la produzione di energia destinata soprattutto all'autoconsumo delle piccole comunità. Pensiamo e auspichiamo che la maggior parte dei piccoli comuni italiani potranno avvantaggiarsi da questo provvedimento, consentendo a chi entrerà a far parte di queste comunità di risparmiare sul costo delle bollette.

D. Prospettiva sostenuta da prestiti o da interventi a fondo perduto?

R. Questo è proprio uno degli elementi più rilevanti del provvedimento che l'Italia è riuscita a ottenere. La Commissione europea, su richiesta del mio ministero, ha concesso la possibilità che i 2,2 miliardi di euro destinati dal Pnrr a questo intervento, inizialmente previsti come prestito, venissero trasformati in contributi a fondo perduto, aprendo potenzialmente a grandi opportunità.

D. A una recente iniziativa di Marevivo e Wwf Italia, lei ha annunciato l'istituzione di una commissione ministeriale che lavorerà alla revisione completa del Codice dell'Ambiente. Di che si tratta?

R. L'intenzione è di costituire una commissione a livello ministeriale che dovrà operare sulla revisione completa del codice Ambiente e delle norme conseguenti perché negli ultimi anni è totalmente mutato il quadro, c'è una sensibilità nuova e diversa rispetto a prima, semplicemente perché sono cambiati i tempi. Dobbiamo riscrivere il percorso di questo nuovo modello, una riforma normativa che si affiancherà al lavoro ordinario, anche per rendere i processi burocratici meno farraginosi. Se non vinciamo la sfida energetica pagheremo le conseguenze sotto l'aspetto ambientale.

D. Facciamo un passo indietro al 19 dicembre, il giorno della stipula del price cap. L'ha definito una vittoria dell'Italia, ma con i prezzi attuali, un tetto di 180 euro a MWh è ancora uno strumento valido?

R. È una vittoria per l'Italia che ci ha creduto per prima e per questo ci ha lavorato tanto, e anche per l'Europa che ha dimostrato di sapersi muovere in modo unitario di fronte a un interesse che era di tutti i cittadini europei. Il price cap va inteso soprattutto come uno strumento contro la speculazione che ci auguriamo di non dover mai usare, considerati i livelli così bassi di oggi dei prezzi del gas. Di sicuro, se ci fosse stato ad agosto, quando i prezzi erano arrivati sino a 350 euro per megawattora, proprio nel momento in cui stavamo ricostituendo i nostri stoccaggi, sarebbe stato applicato, consentendo un risparmio molto importante. L'inverno sino a oggi mite ci ha consentito di risparmiare molto gas, ma i prezzi attuali sono così bassi anche perché l'Europa ha adottato un accordo sul price cap. Tutto questo ci tornerà utile a partire dalla prossima primavera, quando dovremo ricostituire gli stoccaggi in previsione dell'inverno 23/24.

D. A proposito di stoccaggi, a che punto è il piano approvvigionamenti?

R. I depositi oggi sono pieni all'84% contro il 68% dello scorso anno in questo stesso periodo. Un risparmio raggiunto grazie anche al Piano nazionale di contenimento dei consumi predisposto dal ministero dell'Ambiente, che i cittadini italiani hanno dimostrato di osservare in modo responsabile. Anche nel campo della diversificazione delle fonti, stiamo attuando una vera e propria svolta rispetto al passato: l'Italia sta puntando a non dipendere più in modo prevalente da un solo Paese, come è stato sino a oggi con la Russia. Con gli investimenti che stiamo pensando di realizzare il nostro Paese si candida, nel giro di pochi anni, a poter diventare l'hub energetico del Mediterraneo, capace di ricevere gas da più Paesi per poi distribuirlo al resto dell'Europa.

D. Ha preso un impegno con Piombino: dopo tre anni il rigassificatore galleggiante dovrà traslocare. È possibile che vada a fare compagnia a quello di Ravenna? O finirà a Trieste?

R. Partiamo dal principio che, per garantire la sicurezza energetica all'Italia in questo momento di crisi, i rigassificatori di Piombino e Ravenna servono subito al nostro Paese. A partire dal 2024, prima Piombino e poi Ravenna, garantiranno ogni anno, ciascuno, 5 miliardi di metri cubi di gas. Su Piombino c'è la garanzia del governo di non lasciare il rigassificatore per più di tre anni. Confermo quell'impegno. Abbiamo già alcune soluzioni alternative allo studio. È necessario un ulteriore approfondimento tecnico e politico prima di annunciare dove verrà trasferito.

D. All'Italia servirà anche il nucleare? Che idea si è fatto sugli sviluppi della fusione?

R. Fino a oggi sappiamo ben poco in più rispetto all'annuncio straordinariamente importante arrivato poche settimane fa dagli Stati Uniti. Si tratta di una vera rivoluzione, perché la fusione ci consentirà di avere energia infinita e pulita. Ma non arriverà prima di 40/50 anni, e nel frattempo, nel 2050, avremo già raggiunto la neutralità climatica. Il mio parere è che l'Italia dovrà prendere in considerazione anche il nucleare di quarta generazione, che sarà pronto tra 10/15 anni. Ma questo potrà avvenire solo dopo un ampio confronto nel Parlamento.

D. Intanto però non si sa ancora dove collocare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari.

R. Ci stiamo lavorando. È un tema che abbiamo iniziato a seguire con attenzione da quando sono ministro. Anche sul deposito nazionale questo governo saprà valutare e decidere come sta facendo su altri dossier fermi da anni.

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January 16, 2023 02:47 ET (07:47 GMT)