MILANO (MF-DJ)--Oli alimentari esausti, scarti agricoli, semi non alimentari, terreni dismessi: tutto può servire per la produzione dell'olio vegetale idrotrattato (Hvo) di seconda generazione, il diesel rinnovabile che chiude il cerchio dei carburanti puliti senza fare concorrenza alle colture alimentari. In prospettiva, sarà questo il carburante del futuro: l'International Energy Agency prevede una crescita del 20% nella domanda di biodiesel da qui al 2027, ma specifica che il diesel rinnovabile farà la parte del leone in questa rapida espansione, anche grazie alle politiche di supporto per questo biocarburante avviate negli Stati Uniti e nell'Unione Europea.

Nell'Ue si dovrà passare entro il 2030 dall'attuale taglio del 6% dell'intensità carbonica dei carburanti a una riduzione del 13%, aumentando l'obiettivo per i biocarburanti di seconda generazione da almeno lo 0,2% nel 2022 allo 0,5% nel 2025 e al 2,2% nel 2030.

La conseguenza è che occorreranno volumi sempre maggiori di biocarburanti di seconda generazione per ridurre la carbon intensity del 13% richiesto, si legge su L'Economia del Corriere della Sera. In base a uno studio dell'istituto di analisi Rie, ad esempio, utilizzando un biocarburante di seconda generazione che consenta un taglio dei gas a effetto serra pari all'80%, per rispettare l'obbligo andrebbe miscelato al 20% su tutto il carburante immesso in consumo, rispetto all'attuale 10%.

Da qui la corsa ai biocarburanti avanzati e in particolare al biodiesel rinnovabile. Il biodiesel tradizionale si ottiene dalla transesterificazione di olio vegetale (olio di palma, colza, soia) con alcol etilico o alcol metilico. Il biodiesel avanzato è ottenibile a partire da biomasse derivanti da residui agricoli o da colture energetiche non alimentari. "Per questo stiamo sviluppando una rete di agri-hub nei Paesi africani, ma anche in Italia insieme a Bonifiche Ferraresi, con una serie di accordi in Kenya, Benin, Congo, Angola, Mozambico, Costa d'Avorio e Ruanda per lo sviluppo di colture oleaginose, come ad esempio il ricino, il croton e il cotone, su campi ormai troppo aridi e degradati per le colture alimentari", spiega Luigi Ciarrocchi, direttore Forestry&Agro-Feedstock di Eni.

In Kenya l'azienda ha aperto il primo agri-hub nella Contea di Makueni a luglio 2022, cui ne seguirà un secondo. In Congo è pianificata per il 2023 l'apertura di un impianto di spremitura di semi per la bioraffinazione, che dovrà alimentare le due bioraffinerie di Eni a Marghera e a Gela. L'obiettivo è di coprire il 35% dell'approvvigionamento delle bioraffinerie entro il 2025, creando allo stesso tempo opportunità di lavoro attraverso l'espansione delle attività agricole in terreni marginali e abbandonati, senza entrare in competizione con la produzione alimentare. Dal Kenya, a novembre 2022, è già arrivato alla bioraffineria di Gela il primo carico di olio vegetale prodotto nell'agri-hub di Makueni. A questo si aggiunge la raccolta di scarti e residui, tra cui gli oli vegetali esausti, raccolti sempre in Kenya: i primi carichi sono già arrivati in Italia e si prevede ne arrivino fino a 5.000 tonnellate nel 2023. In prospettiva, l'obiettivo è offrire uno sbocco alle coltivazioni in aree degradate e valorizzare quei sottoprodotti agricoli che altrimenti verrebbero buttati, per chiudere il cerchio dell'agro-energia.

cos


(END) Dow Jones Newswires

January 16, 2023 04:09 ET (09:09 GMT)