pensata come un'organizzazione decentralizzata che lascia spazio alle varie filiali — dall'altra il successo dell'azienda deve molto al genio e all'estro di Luc de Chammard, presidente e direttore generale.

Grafico NEURONES

Cominciamo con alcune cifre: sull'ultimo decennio (2010-2020), il free cash flow è cresciuto da 0,5 a 2,3 euro per azione, ossia un tasso annuale del 15,5%. Sorprendentemente tale espansione è stata organica — eccetto piccole e aneddotiche acquisizioni — e autofinanziata.

Come conseguenza di una gestione conservatrice e fermamente orientata sul lungo termine, il cash è andato accumulandosi al bilancio a ritmo sostenuto: l'attività, davvero poco capitalistica, mobilita appena la metà degli attivi del gruppo, mentre alla fine dell'ultimo esercizio il "tesoro di guerra" raggiungeva 267 milioni di dollari.

Mediocre sulla carta, la redditività dei capitali azionari — attualmente penalizzata dall'eccessiva capitalizzazione — quasi non rende giustizia al reale rendimento delle operazioni, superiore al resto del settore, che calcoleremo riferendoci piuttosto ai cosiddetti capitali "investiti".

A prima vista: liberata dal cash in eccesso, incluso il dividendo eccezionale di 50 milioni di euro annunciato lo scorso marzo, la valorizzazione del momento è di sole 9 volte il profitto cash — ossia un prezzo sorprendente per un'azienda gestita in maniera eccellente e sempre in crescita, a maggior ragione in un contesto di mercato così effervescente.

Luc de Chammard, da sempre difensore di una severa ortodossia finanziaria, non ha mai fatto mistero dell'uso a cui voleva destinare questo cash in eccesso: realizzare una o due acquisizioni trasformatrici che creassero un autentico valore, cioè capaci di aumentare il perimetro di Neurones in maniera redditizia e utile per i propri clienti.

Purtroppo, da ormai qualche anno, il gruppo deve far fronte alle stesse difficoltà di diversi altri investitori disciplinati: messo a confronto con valorizzazioni eccessive, persino per attivi dalla qualità discutibile, fa fatica a trovare un vestito della propria taglia, e deve mordere il freno anche laddove cresce la sua riserva di liquidità.

Bisogna dire che un attore di dimensioni medie come Neurones si muove tra due fuochi, in una situazione a volte ingrata: gli obiettivi di piccole dimensioni non rappresentano più nessun interesse vista la scala del gruppo, mentre i grandi obiettivi sono ambiti e acquisiti in serie dai giganti del settore, pronti a fare migliori offerte senza scrupoli.

Segnaliamo infine che De Chammard detiene ancora il 62% del capitale, mentre il management e i dipendenti detengono insieme il 9%. Il tutto per una capitalizzazione di mercato di 720 milioni di dollari: il flottante ridotto a un filo previene dunque l'ingresso di una grande istituzione nel capitale, spiegando dunque la performance negativa del gruppo in Borsa, nonostante la notevole performance positiva a livello operativo.

Alcuni investitori privati, esigenti sulle valorizzazioni e la qualità dei team a cui affidano i propri capitali, e con riserva che siano anch'essi autenticamente attratti dal lungo termine, potrebbero invece apprezzare un allineamento di interessi così netto, combinato con una buona visibilità dell'attività e promettenti prospettive nel settore della consulenza informatica.

A questi ultimi, raccomandiamo fortemente la lettura dell'ultima lettera agli azionisti da parte di De Chammard (disponibile in versione inglese o francese).