MILANO (MF-DJ)--A certe condizioni l'acquisto del Montepaschi avrebbe potuto essere un'opportunità per Unicredit, ma evidentemente il contesto politico non era favorevole all'operazione. Il presidente di Cariverona Alessandro Mazzucco commenta così lo stop alle trattative tra piazza Gae Aulenti e il Tesoro, ma conferma la fiducia nel ceo Andrea Orcel grazie al quale quest'anno il patrimonio dell'ente veronese (socio di Unicredit all'1,8%) è tornato a lievitare. Gli azionisti però devono rispettare l'autonomia degli amministratori ed evitare ritorni al passato con patti e cartelli.

Domanda. Mazzucco, come stanno cambiando le geografie nel mondo delle fondazioni?

Risposta. Non cambiano molto in realtà. I problemi di oggi sono quelli di ieri e poco si è fatto per modificarli. A livello di Acri continuo a registrare logiche di concertazione che impongono forti limitazioni all'autonomia dei singoli enti. Limitazioni che talvolta depotenziano la nostra funzione di promuovere sviluppo nei territori. A mio avviso sussidiarietà non significa soltanto assistenza sociale, ma anche ricerca scientifica e tecnologica e supporto alle politiche industriali ed occupazionali nei territori. Se qualche fondazione come la nostra sente il desiderio di investire in queste direzioni dovrebbe essere libera di farlo.

D. Il Protocollo Acri-Mef compirà sette anni al prossimo Congresso Acri di Cagliari. È ancora attuale nella sua formulazione?

R. A mio avviso sì, anche se alcune riflessioni sono in corso in seno alla comunità e con le autorità di vigilanza su alcune regole in vigore riguardo i mandati negli organi di governo.

D. Da qualche anno le fondazioni hanno avviato un progressivo distacco dalle banche conferitarie. Il percorso è irreversibile?

R. Sono fortemente convinto che la strada sia quella corretta e ponga la parola fine all'equivoco che si è sempre creato tra banche e fondazioni. In passato del resto Cariverona ha sperimentato sulla sua pelle il prezzo di un supporto molto ) impegnativo alla conferitaria. Aggiungo che l'eccessiva attenzione per le avventure bancarie può portare alla creazione di sempre discutibili accordi di cartello fra azionisti.

D. Nelle scorse settimane Crt ha proposto la creazione di un patto di sindacato in Unicredit per coalizzare gli azionisti storici. Voi avete risposto «no, grazie». Perché?

R. L'abbiamo dichiarato in maniera ufficiale: noi non siamo assolutamente interessati a quell'ipotesi, in merito alla quale, peraltro, siamo stati chiamati in causa a nostra insaputa. Ogni interferenza degli azionisti sulla gestione della banca del resto mi lascia perplesso. Quando all'inizio di quest'anno si è trattato di rinnovare il vertice di Unicredit, si era parlato di far esprimere a ogni socio storico un rappresentante per il nuovo cda. Io mi sono opposto: i consiglieri di amministrazione vanno scelti tra persone esperte e capaci e non tra chi può rappresentare gli interessi di un socio specifico.

D. Unicredit comunque rimane il vostro principale asset finanziario. Come valuta il nuovo corso preso dalla banca negli ultimi mesi con l'arrivo del ceo Andrea Orcel?

R. Negli anni scorsi Unicredit era caduta. L'ex ceo Jean Pierre Mustier era stato chiamato per risollevarla, ma i risultati sono stati discontinui. Solo oggi cominciamo a vedere segni di una reale inversione di tendenza. Conoscendo Orcel, ho avuto occasione di sostenerlo nella sua chiamata ad amministrare la banca. Era la miglior scelta possibile. È un fuoriclasse e farà buone cose. Prova ne è che, dopo la trasparente svalutazione della quota annunciata con il bilancio 2020, oggi Cariverona registra già un recupero di valore che ci fa ulteriormente sperare.

D. Che opinione si è fatto sullo stop nelle trattative tra Unicredit e Tesoro su Mps?

R. È un peccato che Unicredit non sia riuscita a concludere quell'operazione perché, da quanto appreso, l'aveva impostata in termini appetibili per i suoi azionisti. L'acquisizione inoltre avrebbe interrotto l'impiego continuo e importante di risorse pubbliche a cui assistiamo da tempo nella vicenda Montepaschi. Conoscendo le capacità di Andrea Orcel, il perimetro che lui avrebbe accolto in Unicredit sarebbe stato un elemento di creazione di utile e non di dispersione di risorse.

D. Forse Unicredit chiedeva troppo al Tesoro?

R. Ho la sensazione che i problemi principali nell'ambito di quella trattativa siano stati di natura più politica che finanziaria.

D. Un altra banca in cui siete investiti è Banco Bpm che da tempo sta cercando di candidarsi alla nascita di un terzo polo. Che valutazione dà di questo investimento?

R. La partecipazione in Banco Bpm è piuttosto limitata, pur avendo un valore importante per il territorio. Al momento della fusione tra il Banco Popolare e la Popolare di Milano, eravamo il socio veronese più significativo e, malgrado le aspettative di quel periodo, nessun altro soggetto ci ha affiancato. Per quanto riguarda i rapporti con il vertice, debbo registrare un miglioramento con l'arrivo del presidente Massimo Tononi che apprezziamo molto. Anche del Ceo Giuseppe Castagna abbiamo stima. Sul fronte delle strategie, siamo a conoscenza dell'antica volontà di BancoBpm di promuovere un'aggregazione. Ho però la sensazione che questa volontà non sia guidata tanto da una visione concreta, quanto dalle opportunità che via via si vanno presentando.

D. Con l'opa su Cattolica si chiude la storia di un altro vostro investimento storico. Un commento?

R. La ragione per cui avevamo acquisito la partecipazione era legata alla crisi della Popolare di Vicenza con cui Cattolica aveva sviluppato una forte cooperazione. L'arrivo di Alberto Minali come ceo ha senza dubbio risollevato la compagnia grazie alle sue altissime qualità di manager. Le sue scelte strategiche hanno dato grandi soddisfazioni a noi azionisti. Dall'uscita improvvisa di Minali però il nostro rapporto di fiducia con Cattolica è terminato e oggi la scelta di dismettere la partecipazione chiude coerentemente un ciclo.

D. Tutte le grandi Fondazioni sono socie di Cdp: Cariverona non più.

R. È vero. Il nostro distacco è maturato già molti anni fa, in seguito a un contenzioso avviato al tempo della trasformazione delle azioni privilegiate della Cassa detenute dalle Fondazioni. È un dossier che ho ereditato e che nel 2020 abbiamo potuto chiudere con una transazione di soddisfazione reciproca. La soluzione ha preso forma in un confronto articolato e costruttivo con la Cassa e con i suoi presidenti da Claudio Costamagna a Tononi sino a Gorno Tempini. Devo riconoscere in particolare, ai fini dell'esito positivo, il senso di responsabilità Gorno Tempini.

D. Avete in programma il rientro nel capitale della Cassa?

R. Ci abbiamo pensato già occasione della transazione, ma avrebbe complicato un'operazione già tecnicamente complessa. Il nostro interesse tuttavia resta concreto e nel frattempo con Cdp abbiamo ripreso a cooperare su singoli progetti, fra cui il sostegno all'Università Politecnica delle Marche, nella nostra provincia statutaria di Ancona.

fch

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November 15, 2021 02:40 ET (07:40 GMT)