11.09.2021

Intervenendo a Ravenna, nel settimo centenario della morte di Dante, in apertura dell'incontro col Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, il Presidente Antonio Patuelli ha fra l'altro affermato che Benedetto Croce, il 14 settembre 1920 pronunciò nella Biblioteca Classense di Ravenna il famoso discorso per il sesto centenario dantesco che venne seguito dalla pubblicazione del volume sulla 'Poesia di Dante'.

Si tratta di una sorta di autorevole e semplice 'guida' della Commedia e al tempo stesso di un libro di storia che è quanto mai attuale, chiaro nel linguaggio ed esplicativo del percorso effettuato dall'Alighieri nella Commedia come 'peccatore che intraprende docile e compunto la via della purificazione', da 'moralista' che esprime il giudizio e gradua 'i peccati e i vizi umani, e fuori quasi della stessa graduatoria pone 'gl'infingardi, i timidi, i perpetuamente irresoluti, inetti al bene e al male' fino agli ipocriti che lo riconducono nell'Inferno ai sentimenti etico-politici e ai suoi rapporti di amore ed odio verso la sua sognata Firenze. La città del Giglio fu, però, scrive Croce, causa 'del dramma della vita' di Dante 'e della catastrofe' dell'esilio dell'Alighieri, 'con l'angoscia del distacco, con la povertà… con le umiliazioni... con un animo sensibilissimo che soffre di tutte le punture e quasi s'intenerisce su se stesso'.

Invece Croce indica come più benevoli i sentimenti di 'amore e sollecitudine' di Dante verso la sua principale terra d'esilio, la Romagna, 'lembo d'Italia a lui noto e consueto'.

Quindi il Presidente Patuelli ha rivolto un monito a tutto il mondo dell'economia perché tutti seguano l'ideale etico del Catone dantesco, per la rigida rettitudine per l'adempimento dei doveri per stare lontani anche dalle colpe dell'Inferno dantesco, dall'ignavia, dagli avari e dai prodighi, dagli scialacquatori e dagli usurai, dai barattieri, dagli ipocriti, dai ladri, dai seminatori di discordia, dai traditori della Patria e dei benefattori.

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