MILANO (MF-DJ)--Nel 2022 la siccità ha determinato una riduzione del 38% della generazione idroelettrica in Italia. Il peggiore anno da 70 anni, secondo alcuni. E quest'anno rischia di essere anche peggiore, con effetti drammatici per alcune aree del Paese ma anche per la difficoltà di produrre energia elettrica.

Non solo con le centrali idroelettriche ma anche con quelle termoelettriche, come quella di Iren a Moncalieri, necessitano di essere raffreddate con l'acqua. I manager delle utility sono in allerta da settimane e ieri l'associazione del settore, Utilitalia, ha pubblicato una nota sottolineando 8 punti sui quali intervenire con urgenza, si legge sul Sole 24 Ore. Uno degli aspetti chiave sui quali investire resta il potenziamento degli invasi per raccogliere e stoccare l'acqua, in particolare quella piovana. L'Italia ha una capacità piuttosto limitata da questo punto di vista: viene raccolto solo il 10% dell'acqua piovana, contro il 35 per cento della Spagna, ad esempio.

Tra le ragioni che hanno determinato questo ritardo c'è l'estrema frammentazione dei soggetti che gestiscono acquedotti e impianti idroelettrici nel Paese e questo rende più complicato canalizzare importanti investimenti dove serve. Anche le competenze politiche decisionali in materia sono molto frammentate: in parte al ministero per le Infrastrutture, altre al ministero per l'Ambiente e quello dell'Agricoltura. Il governo uscente, in particolare il ministero delle Infrastrutture aveva fatto il punto sul livello degli investimenti sinora messi in rampa di lancio: sono stati programmati 4,7 miliardi di investimenti, di cui circa 2 miliardi del Pnrr soprattutto per il settore agricolo e per quello idropotabile. E questo a fronte di un fabbisogno complessivo stimato nel Paese di 12 miliardi, per cui resta un gap di circa 8 miliardi. La cabina di regia dovrà stabilire come reperire queste risorse e dove canalizzare le priorità di intervento.

Tra le proposte avanzate ieri da Utilitalia ci sono le iniziative per limitare le perdite di acqua: gli investimenti sono in costante aumento (+22% negli ultimi 5 anni) con un valore pro capite di 49 euro l'anno, che però è ancora lontano dalla media europea che è di circa 100 euro; al contempo, in Italia il consumo pro capite di acqua potabile si attesta in Italia sui 215 litri per abitante al giorno, rispetto ai 125 litri della media europea. La seconda proposta punta alla realizzazione delle opere infrastrutturali strategiche, ovvero di grandi invasi ad uso plurimo, di invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e di interconnessioni delle reti idriche.

Si punta poi al riutilizzo efficiente delle acque depurate a fini agricoli o industriali: è potenziale da 9 miliardi di metri cubi all'anno, che in Italia viene sfruttato solo per il 5 per cento. Sarà inoltre necessario contrastare l'avanzata del cuneo salino (dal mare) attraverso l'aumento dei volumi delle falde: secondo l'associazione lo scorso anno il cuneo salino è risalito di diverse decine di chilometri nel Po, nell'Adige, nel Piave e lungo il Livenza, e l'impinguamento della falda rappresenta una soluzione che contrasta l'immissione di acqua salata dal mare.

E ancora: serve aumentare la produzione di acqua da dissalazione. Un'altra proposta si concentra sul sostegno alla presenza di gestori industriali e al conseguente superamento delle gestioni in economia: in media, si spiega, al Sud, oltre il 30% delle gestioni idriche è privo di un soggetto industriale, contro il 7,2% del Centro-Nord; a fronte di una media di investimenti annui di 49 euro per abitante, nelle gestioni comunali in economia gli investimenti crollano a 8 euro per abitante. E poi ancora le semplificazioni: in Italia, si afferma, le procedure autorizzative occupano oltre il 40% del tempo necessario per la realizzazione di un'opera infrastrutturale.

cos


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March 02, 2023 03:38 ET (08:38 GMT)