AARAU (awp/ats) - Malgrado la buona tenuta del mercato del lavoro elvetico i dipendenti in Svizzera sono maggiormente sotto stress: è colpa anche del Covid e della situazione generale mondiale, afferma Jean-Christophe Deslarzes, presidente del consiglio di amministrazione (Cda) di Adecco, colosso del settore della intermediazione di personale.

"Siamo professionisti nell'utilizzare la nostra esperienza per trovare la corrispondenza perfetta tra il profilo dell'impiego e quello della persona in cerca di occupazione: quando funziona, creiamo la magia", afferma il 65enne in un'intervista pubblicata oggi dalla Schweiz am Wochenende (SaW).

Magia? "Sì, in questo caso è tutto giusto, è perfetto per il dipendente, per il datore di lavoro e anche per la società nel suo complesso", osserva il manager con laurea in diritto conseguita all'università di Friburgo. "Stiamo parlando di un impatto sociale: se si è felici al lavoro, si torna a casa contenti e questo ha un effetto positivo sui bambini, che a loro volta pensano che il lavoro sia bello".

Troppo bello per essere vero - osservano i giornalisti del settimanale - visto che secondo un recente studio il 40% dei dipendenti si sente esausto dopo il lavoro. "La situazione geopolitica è estremamente instabile e le prospettive economiche sono incerte", fa presente Deslarzes. "Questo ha un impatto sul morale delle persone e anche sulla loro etica lavorativa".

"Lo vediamo anche nelle nostre indagini internazionali condotte su circa 30'000 persone: il benessere percepito è diminuito, con il 65% degli intervistati che ha dichiarato di aver sperimentato il burnout o ciò che considera come tale. In Svizzera, la percentuale raggiunge il 76%. È un dato enormemente elevato".

E perché succede? "Ci sono le già citate incertezze geopolitiche; e poi non bisogna sottovalutare le conseguenze psicologiche della crisi di Covid", risponde l'intervistato. In Svizzera le restrizioni sono state blande, ma comunque incisive. "A Natale del 2021, ad esempio, non era consentito avere più di dieci persone a tavola. È successo meno di due anni fa. E sta ancora facendo effetto".

"Ci sono poi anche i grandi tagli di organico che abbiamo visto durante e anche dopo la crisi del coronavirus", prosegue l'esperto. "Questo ha fatto sì che molti dipendenti, e in particolare i dirigenti, abbiano dovuto assumersi compiti aggiuntivi. Ecco perché molti si sentono stanchi".

"Mi riferisco soprattutto al quadri intermedi, ai team leader, in altre parole alla "metà d'oro", che è molto importante per il funzionamento di un'azienda. Questo gruppo viene trascurato, ma è l'anello di congiunzione tra la strategia e la sua attuazione. In Svizzera, la nostra indagine mostra che il 44% dei manager ha vissuto un momento di burnout perché gli sono state affidate maggiori responsabilità in seguito a licenziamenti".

La pandemia ha portato anche il telelavoro. "In futuro, metà dell'impiego d'ufficio sarà svolto in sede e metà da casa o da qualsiasi altro luogo. La generazione Z, cioè i nati intorno al 2000, e i millennial nati dal 1985 in poi vogliono svolgere metà del loro lavoro da remoto".

Secondo il presidente del Cda di Adecco l'ufficio è comunque ancora necessario. "Perché è l'unico luogo in cui si può promuovere la cultura aziendale. Perché è l'unico posto dove si può sviluppare la creatività, perché è l'unico posto dove si incoraggia l'innovazione. E perché è anche divertente lavorare in gruppo. E come ho detto, la nostra ricerca mostra chiaramente che le persone si sentono più stressate rispetto al passato. E ho il forte sospetto che parte di questo sia dovuto anche al fatto di lavorare da casa".

Home office significa più stress? "Sì, almeno questo è ciò che abbiamo osservato nel gruppo Adecco", risponde il padre di quattro figli. "Abbiamo dovuto fare attenzione che le persone non lavorassero troppo perché avevano questa libertà. Ma fondamentalmente sul tema si può dire che entrambe le cose sono sbagliate: sia il 100% di lavoro da casa che i vincoli assoluti dell'ufficio", conclude il dirigente.