ROMA (MF-DJ)--La scelta di molte grandi banche europee di non abbandonare le attività in Russia, benché a tratti criticata dall'opinione pubblica, potrebbe essere un modo per salvare migliaia di persone dalla coscrizione obbligatoria sul fronte ucraino. Anche se non per tutti.

Lo scrive Milano Finanza spiegando che al momento del varo della mobilitazione parziale dello scorso settembre, il presidente Vladimir Putin ha indicato alcune categorie di lavoratori che verranno esentate dai combattimenti: tra questi ci sono giornalisti, lavoratori del settore informatico e appunto bancari, con l'obiettivo di preservare la stabilità di un sistema finanziario che dal momento dell'invasione e delle sanzioni occidentali ha subito non pochi scossoni. La stessa legge ha obbligato tutte le società, incluse le multinazionali internazionali, a provvedere alla registrazione militare dello staff laddove almeno un impiegato fosse idoneo alla leva. Il Kyiv School of Economics (Kse) Institute ha calcolato che questo ipotetico esercito di dipendenti di società straniere in Russia ammonta a circa 700 mila persone, l'87% delle quali provenienti da appena 10 Paesi, tra i quali l'Italia occupa la settima posizione a quasi 20 mila unità. Numeri che anno portato la coalizione di gruppi per la società civile Business for Ukraine a chiedere a gran voce il totale smantellamento delle attività straniere a Mosca, per evitare, così di legge in un tweet, «di diventare complici della guerra di Putin».

La situazione dovrebbe essere differente per quelle aziende che godono dell'esenzione, tra cui appunto le banche. Ha destato pertanto una certa apprensione, nei giorni scorsi, la notizia riportata dall'agenzia Reuters, e confermata a MF-Milano Finanza, secondo la quale uno specialista informatico della banca austriaca Raiffeisen, Timur Izmailov, è stato ucciso al fronte dopo essere stato costretto alla mobilitazione. Questo nonostante la banca, nel rispetto della normativa di fine settembre, avesse scritto all'ufficio competente richiedendo l'esenzione. «Il commissario militare», ha spiegato il suo avvocato, «gli ha detto che non era nella lista per l'esenzione e per questo è stato inviato a combattere». In realtà, ha aggiunto il legale, il nome di Izmailov era regolarmente nell'elenco che l'istituto austriaco aveva provveduto a inviare dopo la richiesta effettuata agli istituti commerciali che operano nel Paese da parte della banca centrale russa. Un precedente che potrebbe indurre le autorità locali ad alzare il livello di guardia, per far sì che tra gli istituti di credito non si inneschi una fuga per abbandonare la Russia, come già accaduto per molte aziende non finanziarie.Un rapporto del Kse Institute ha mostrato che nel 2021 le 100 più grandi aziende italiane attive in Russia hanno dato lavoro a 34mila persone, generando 7,3 miliardi di euro di ricavi, con asset per 7,6 miliardi. Tra queste società solo due sono uscite completamente dal Paese (Eni ed Enel), 21 lo hanno lasciato, 61 sono rimaste e 16 hanno preso tempo in attesa di una decisione definitiva. Considerando solo questi ultimi due gruppi, quelli cioè che restano almeno parzialmente operativi nel Paese, il numero di impiegati è vicino ai 25 mila, per un giro d'affari superiore ai 5,5 miliardi. Ingegneria, food e costruzioni sono i settori più esposti, con percentuali di fatturato in Russia sul totale compresi tra il 10% e il 35%.

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2808:44 ott 2022


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