GeNeuro ha presentato al congresso della Schizophrenia International Research Society (SIRS), che si è tenuto dal 6 al 10 aprile a Firenze, i primi dati derivanti dalla collaborazione avviata nel 2021, nell'ambito di COVID. I primi risultati presentati a Firenze si basavano sull'analisi dei campioni di sangue di 104 pazienti ricoverati tra gennaio e marzo 2021 per disturbi psichiatrici, per la prima volta o a causa di ricadute, nel reparto di psichiatria del Prof. Leboyer a Créteil presso l'Hôpital H. Mondor, e di 63 controlli. L'obiettivo di questa analisi era quello di misurare il tasso di infezione da coronavirus in una popolazione senza malattie COVID segnalate e di cercare collegamenti tra l'infezione da SARS-CoV-2 e la proteina retrovirale endogena W-ENV.

Le analisi sono state eseguite dalla piattaforma INSERM "We-Met" dell'Università Paul Sabatier di Tolosa. Le analisi sierologiche specifiche per la SARS-CoV-2 hanno mostrato che l'82% dei pazienti ricoverati nel reparto psichiatrico era stato esposto al virus COVID-19. Il rilevamento della proteina W-ENV era positivo nel siero del 40% dei pazienti studiati, ma quasi esclusivamente e in modo molto significativo nei pazienti sieropositivi per la SARS-CoV-2 (p < 0,01).

La presenza della proteina W-ENV nel sangue era anche fortemente correlata con livelli elevati di citochine caratteristiche dell'infiammazione innata, come TNF-a, IL-1ß o IL8 (p < 0,0001 per tutte e tre). Gli studi pubblicati nel 2021 avevano dimostrato che l'espressione di W-ENV era innescata dal SARS-CoV-2 nei globuli bianchi e nei tessuti di circa il 20% dei donatori sani, suggerendo una suscettibilità individuale. Questa proteina è stata rilevata anche nel sangue dei pazienti COVID-19 ospedalizzati, dove la quantità di espressione nei linfociti era associata alla gravità della progressione della malattia.

La persistenza dell'espressione di W-ENV molto tempo dopo la fase acuta della malattia e la sua associazione con le manifestazioni immunoinfiammatorie supportano l'ipotesi biologica della sua importanza nelle sindromi neuropsichiatriche a lungo termine di cui soffrono molti pazienti post-COVID.