MILANO (MF-DJ)--La guerra tra Russia e Ucraina potrebbe avere ripercussioni sul lusso globale. A evidenziarlo è un report pubblicato da Bernstein dal titolo «Global luxury goods: The impact of war in the Ukraine». La Russia e l'Ucraina, si legge nel documento, non sono particolarmente rilevanti per il mercato del fashion luxury.
«L'esposizione diretta alla domanda di beni russa e ucraina è vicina al 4-5% nel suo complesso», hanno scritto gli analisti, tra cui Luca Solca. Va sottolineato, scrive MFF, che entrambi i Paesi hanno reddito molto alto e una grande disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Quindi, le società che operano in una fascia alta, come Richemont, saranno probabilmente più esposte (a parità di condizioni). I player che si rivolgono principalmente alla classe media in ascesa, come Lvmh e Kering, saranno invece meno impattati.
«Questo perché la domanda è trainata da un numero relativamente piccolo di individui molto ricchi, piuttosto che da un ampio gruppo di consumatori della classe media», hanno specificato gli analisti. Ma non è questo il punto: il problema sono le conseguenze involontarie (ma prevedibili) che la guerra potrà avere sulla domanda globale di lusso. Gli scenari indicati da Bernstein sono differenti. Innanzitutto l'invasione dell'Ucraina potrebbe essere accolta da una rigida reazione economica sia da parte dell'Usa che dell'Ue. Il presidente americano Joe Biden e i ministri degli Esteri europei hanno già annunciato le drastiche misure che saranno adottate se la guerra non cesserà, come per esempio escludere il governo russo dai finanziamenti occidentali.
Le sanzioni alla Russia possono innescare un'ulteriore impennata dei costi energetici e dell'inflazione e questo a sua volta può sfociare in un rallentamento della crescita del Pil globale o addirittura in una recessione. Qualora si presentasse tale scenario, riporta il documento, ci sarebbe un significativo aggiustamento al ribasso nei mercati azionari globali e nei prezzi dei beni. «In questo contesto, lo status dei consumatori di fascia alta sarebbe intaccato, il che porterebbe a un improvviso arresto della spesa discrezionale di fascia alta», hanno detto. La somma di tutti gli elementi elencati finora si tradurrebbe in una performance di ricavi e profitti moda significativamente inferiore a quanto previsto nel 2022.
Secondo le stime di Bernstein, alla luce di quanto detto, le società che riuscirebbero a resistere meglio sono Lvmh, Hermès ed EssilorLuxottica, realtà che sono riuscite a resistere anche in altri momenti di crisi, come la pandemia. Sarebbero intaccati senz'altro quei marchi che da poco hanno iniziato un percorso di ripresa, come Burberry e Ferragamo. Anche Kering e Prada, nonostante segnali di ripresa già chiari, potrebbero essere danneggiati in questo contesto. Intanto il conflitto sta già pesando sulle borse mondiali e sui titoli del lusso che sono crollati irrimediabilmente.
LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE è leader mondiale nei prodotti di lusso. Le vendite nette sono così suddivise per famiglia di prodotti: - moda e articoli in pelle (48,9%): marchi come Louis Vuitton, Kenzo, Celine, Fendi, Marc Jacobs, Givenchy, ecc; - orologi e gioielli (12,8%): Bulgari, TAG Heuer, Zenith, Hublot, Chaumet, marchi Fred, Tiffany, ecc; - profumi e prodotti cosmetici (9,6%): profumi (marchi Christian Dior, Guerlain, Loewe, Kenzo, ecc.), prodotti per il trucco (Make Up For Ever, Guerlain, Acqua di Parma, ecc.), ecc; - vini e liquori (7,7%): champagne (marchi Moët & Chandon, Mercier, Veuve Clicquot Ponsardin, Dom Pérignon, ecc.; n. 1 a livello mondiale), vini (Cape Mentelle, Château D'Yquem, ecc.), cognac (principalmente Hennessy; n. 1 a livello mondiale), whisky (principalmente Glenmorangie), ecc; Le vendite rimanenti (21%) provengono dalla distribuzione selettiva attraverso le catene Sephora, DFS, Miami Cruiseline e i grandi magazzini Le Bon Marché e La Samaritaine. Alla fine del 2023, i prodotti saranno commercializzati attraverso una rete di 6.097 punti vendita situati in tutto il mondo. Le vendite nette sono distribuite geograficamente come segue: Francia (7,9%), Europa (16,4%), Giappone (7,3%), Asia (30,8%), Stati Uniti (25,3%) e altro (12,3%).