ROMA (MF-DJ)--Sugli scaffali dei supermercati britannici c'è qualcosa di più presidiato dai dispositivi anti-taccheggio dell'amato whisky: il burro. La foto della confezione di Lurpak inchiavardato quasi fosse un gioiello con in mostra l'esorbitante prezzo di 7,25 sterline ha scioccato persino quei cuori di pietra dei direttori dei tabloid. Perché è un simbolo della crisi in cui si è andato a cacciare il Regno Unito dopo aver deciso di lasciare l'Unione Europea. Crisi economica, inflazione, debolezza della sterlina e iniezioni monetarie ingenti della Banca d'Inghilterra, si sono succeduti insieme a ben cinque primi ministri, con l'ultima Liz Truss durata quanto una stecca di sigarette a un fumatore incallito. Se l'inglese medio, orfano anche della Regina Elisabetta, alza le spalle e pensa di cavarsela lo stesso, pensando che la brutta copertina de l'Economist che paragonava la premier a una politica italiana sia la realtà, in molti nella city londinese imputano proprio all'abbandono del mercato unico e del solco europeo l'inizio delle tribolazioni oltre Manica. Comunque sia, quello che può accadere quando si abbandona il percorso comunitario, per tanti una corazza e per i sovranisti polacchi e ungheresi una prigione, l'ha molto presente Giorgia Meloni, nuova premier incaricata dopo l'esito delle elezioni del 25 settembre: avrà tutti gli occhi di Bruxelles e Francoforte addosso e, aggiunge un suo ministro, "nessuno ci farà sconti". Il suo partito, Fratelli d'Italia, ha trionfato alle urne, ma dovrà rispondere a quella logica di coalizione che mette il governo alle berlina dei capricci e delle voglie di rivalsa di Silvio Berlusconi (FI) e Matteo Salvini (Lega).

I primi sessanta giorni del governo della prima donna italiana Presidente del Consiglio, la prima che osa dare ordini a gente come il Cavaliere e il Capitano (perfetta triade per un romanzo d'appendice ormai fuori moda), saranno vissuti all'ultimo respiro. In cima alla lista delle cose da fare, scrive MF-Milano Finanza, ci sono una decina di impellenze che la romana della Garbatella, appassionata di Tolkien, del fitness e della Lazio, dovrà affrontare, possibilmente col piglio che ha mostrato nel presentarsi nello studio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: capelli raccolti, completo blu, tirando dritto, senza alcun rimando al passato che fu da cui lei vuole staccarsi per sempre.

E così, insieme ai fidati Guido Crosetto, Ignazio La Russa, Francesco Lollobrigida, Giovanbattista Fazzolari, dovrà subito comporre a palazzo Chigi un gabinetto di guerra. Intanto per varare i primi provvedimenti salva-famiglie, visto che già quasi cinque milioni di italiani - ma stanno diventando sette - non sono riusciti a pagare le bollette e in secondo luogo perché insieme alle famiglie ci sono migliaia di imprese a rischio fermo. Uno scenario da incubo, se si aggiungono l'andamento dell'inflazione, la recessione alle porte e la guerra in Ucraina. Ecco cosa proverà a fare per far dimenticare presto agli italiani l'esecutivo di Mario Draghi, acclamato più dalla stampa e all'estero secondo l'eterno principio del nemo propheta in patria.

Manovra. Sessanta miliardi, la metà di quelli spesi per sostenere l'economia durante l'epidemia di Covid. È questo l'impatto complessivo delle prossime misure di finanza pubblica del nuovo governo che Meloni si appresta a varare secondo un semplice schema che Milano Finanza può rivelare. La legge di Bilancio per il 2023 sarà di una trentina di miliardi ma conterrà all'interno un fondo speciale di altri trenta miliardi per affrontare nel tempo le emergenze legate al caro vita e al caro energia. Così facendo gli uomini del Mef pensano di costituire una sorta di stoccaggio immediato per finanziare tutti i provvedimenti di sostegno all'economia che verranno approvati dall'esecutivo di centrodestra, insieme a un decreto aiuti quater, che sarà varato per coprire le istanze di dicembre, pari a circa una decina di miliardi.

Fondo Salva Stati e Pnrr. In molti temono che il primo inciampo per la nuova maggioranza potrebbe essere la mancata approvazione del nuovo Mes, il meccanismo Salva Stati che già una volta stava per costare l'osso del collo al governo Conte II e che deve essere esaminato dal Parlamento. È un trattato, come quello di Maastricht e una sua mancata ratifica - per la possibile volontà della Lega di anteporre all'Europa lo slogan "prima gli italiani"- potrebbe innescare immediate frizioni con la Commissione Ue. Ma in pochi ricordano che esiste un altro tassello di possibili problemi, stavolta finanziari, visto che Moody' s e Standard & Poor' s (che la sera del 21 ottobre ha mantenuto inalterato il suo rating sull'Italia) ci stanno sempre con il fiato sul collo: è l'approvazione delle riforme legate al Pnrr. Senza di esse, non solo non si otterranno le successive tranche dei 200 miliardi complessivi europei ma si metterà in forse l'intervento della Bce sul mercato dei titoli di stato, pensato come misura per mitigare un eventuale balzo eccessivo dello spread. Una grana per il neo ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti.

Pensioni & Bonus. Il tema è caldo da tempo, non fosse altro che Salvini ne ha fatto una campagna: il superamento della legge Fornero. Meloni esclude di tornare indietro nel tempo, ma reputa praticabile un piccolo sconto sull'età pensionabile, accoppiando la quota di anni di contributi a livello 41 a un minimo di 61 anni d'età. Un provvedimento del genere costerebbe alle casse pubbliche circa 500 milioni di euro, molto meno della favoleggiata opzione uomo con uscita a 58 anni. Se sulla previdenza un'intesa è possibile, con le altre forze di maggioranza, sulla pletora di bonus si può annunciare che partirà un disboscamento. Salvo il Superbonus edilizio, con la conferma della circolazione dei crediti fiscali (cfr MF del 19 ottobre), nel mirino della maggioranza e della premier c'è il reddito di cittadinanza che costa 11 miliardi l'anno, per farsi un'idea quanto dovrebbero ancora versare le aziende come tassui sui loro extra profitti. esclusa una sua cancellazione, è certo che nel 2023 il sostegno a 6 milioni di poveri tanto caro al M5S, ma anche sostenuto dallo stesso Draghi, subirà una stretta e verrà erogato solo agli inabili al lavoro. per tutti gli altri si penserà ad un'altra modalità di aiuto, con buona pace di Giuseppe Conte ma anche del pd di Enrico Letta, che almeno su questo punto sono sempre andati d'accordo.

Partecipate. Detto che l'arrivo di Meloni a Chigi farà traballare almeno 400 grand commis di stato, da Cdp in giù fino alla Rai, le partite che la premier dovrà prendere subito in carico saranno quelle di Mps, Tim e Ita, con una missione: non svendere nulla allo straniero. È così probabile che della triade mangia soldi pubblici solo il Monte finirà nelle braccia di un privato, mentre Ita (per cui si mormora di un azzeramento dell'intero consiglio) potrebbe restare ancora ferma ai box e Telecom ricoprire un ruolo nazionale più strategico, nonostante gli appetiti del fondo Cvc. Ma il quadro delle partecipate che scottano non sarebbe completo senza l'Ilva, per cui la Regione Puglia vorrebbe una svolta. Una bella grana per Gorgia e i suoi boys.

red

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2408:11 ott 2022


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