MILANO (MF-DJ)--La Russia sta perlustrando il globo alla ricerca di acquirenti per i suoi prodotti energetici e sta trovando partner commerciali in un luogo improbabile: gli Stati ricchi di petrolio del Golfo Persico.

Da quando le sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina hanno tagliato fuori la Russia da molti dei suoi mercati commerciali ormai consolidati, le compagnie statali dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti hanno cercato di approfittare dei prezzi scontati dei prodotti russi, secondo quanto hanno riferito al Wall Street Journal dirigenti di società petrolifere e analisti del settore.

Nonostante le obiezioni degli Stati Uniti, i Paesi del Golfo stanno utilizzando i prodotti russi, anche per scopi di consumo e raffinazione, e stanno esportando i barili del proprio greggio ai prezzi di mercato, aumentando così i loro profitti. I Paesi del Golfo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti, sono diventati anche importanti centri di stoccaggio e commercio per i prodotti energetici russi che non possono ormai essere spediti facilmente in tutto il mondo a causa della guerra.

Questa mossa che vede i Paesi con i maggiori giacimenti di petrolio del mondo come avidi acquirenti del greggio russo dimostra le conseguenze inaspettate delle sanzioni occidentali ed è un altro esempio della sempre minore influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente. Le esportazioni petrolifere russe negli Emirati Arabi Uniti sono più che triplicate a un record di 60 milioni di barili l'anno scorso, secondo Kpler. Al contrario, le esportazioni del petrolio russo a Singapore, un altro grande hub commerciale, sono aumentate solo del 13% a 26 milioni di barili nel 2022, sempre secondo la società.

Più di un barile su 10 di gasolio immagazzinato a Fujairah, il principale hub di stoccaggio di petrolio degli Emirati Arabi Uniti, ora proviene dalla Russia, seconda solo all'Arabia Saudita, secondo Argus Media. La Russia sta spedendo 100.000 barili al giorno in Arabia Saudita, secondo Kpler, mentre non ne spediva praticamente nessuno prima della guerra. Ciò equivarrebbe a più di 36 milioni di barili all'anno. Il commercio saudita ed emiratino di prodotti petroliferi e combustibili russi ha attirato l'attenzione dei funzionari statunitensi, i quali sostengono che mini gli sforzi occidentali per ridurre i flussi di entrate del Cremlino.

Il sottosegretario al Tesoro statunitense, Brian Nelson, è stato in Medio Oriente a febbraio per cercare di convincere Paesi come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia a far rispettare le sanzioni occidentali contro la Russia. Non ci sono ancora segnali che i Paesi del Golfo stiano chiudendo però il rubinetto al petrolio russo, dicono gli analisti. L'Arabia Saudita sta perseguendo sempre più una politica energetica nazionalista che ha la precedenza sulle preoccupazioni degli Stati Uniti. Insieme ai suoi alleati, inoltre, all'inizio di questo mese il Regno hanno annunciato un taglio alla produzione di petrolio volto ad aumentare i prezzi, andando contro le obiezioni degli Usa secondo cui prezzi più alti aiutano la macchina da guerra russa.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno adottato una posizione neutrale nella guerra, nonostante la partnership di sicurezza di lunga data con gli Stati Uniti. Dopo l'invasione dell'Ucraina, Dubai e altri emirati sono diventati hub internazionali per molte aziende russe e persone facoltose che cercano di gestire le proprie attività e proteggere i propri soldi aggirando le sanzioni occidentali. Il commercio di petrolio è però forse l'aspetto più delicato delle fiorenti relazioni bilaterali. A causa del price cap e di altre sanzioni, negli ultimi mesi il greggio di punta della Russia Urals è stato generalmente scambiato con uno sconto di oltre il 30% rispetto al Brent.

cos


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April 17, 2023 06:11 ET (10:11 GMT)