MILANO (MF-DJ)--Dopo nove anni Eni torna a segnare utili record e il pensiero corre al 2012, a quel risultato-monstre di oltre 7 miliardi di euro. Ma allora il Cane a sei zampe aveva appena ceduto il 30% di Snam a Cdp per 3,5 miliardi di euro, il petrolio correva a 110 dollari al barile, Saipem era in salute, il mondo non era passato attraverso una pandemia e il contesto geopolitico era meno teso per la fine del conflitto libico. Insomma, condizioni ben diverse da quelle che hanno portato il gruppo a chiudere il 2021 con un utile di ben 4,7 miliardi di euro, un successo che l'ad Claudio Descalzi attribuisce prima di tutto alla disciplina finanziaria, dal 2014 immancabile contrappunto di ogni scelta strategica. Confermato il dividendo di 0,86 euro, il mercato dovrà aspettare ancora un mese, il 18 marzo, per conoscere le prospettive del business e i nuovi target industriali e finanziari. Ma questa intervista con l'ad Descalzi non può che partire dal contesto di mercato, compresso tra i venti di guerra Russia-Ucraina e l'eccezionale volatilità delle materie prime.

Domanda. L'invasione dell'Ucraina continua a essere data per imminente. Cosa teme?

Risposta. Ovviamente la crisi Mosca-Kiev è motivo di preoccupazione, ma non vedo un rischio approvvigionamenti nell'immediato. In tutti questi anni, anche nei momenti di tensione, il gas russo è sempre arrivato. Se si blocca il flusso dall'Ucraina, solo per un fatto meccanico, ci sono altre pipeline come quella Bielorussia-Polonia, oggi praticamente vuota, che si possono immediatamente attivare per portare in Europa gli stessi 40-50 miliardi di metri cubi. Il timore più grande è legato a eventuali sanzioni che dovessero scattare, fino a interrompere l'intera fornitura dalla Russia. Non ci sarebbe modo per l'Europa di compensare un quantitativo di 120-160 miliardi di metri cubi, né attraverso forniture di gas naturale liquefatto né attraverso altri gasdotti.

D. Ci sarebbero conseguenze sul fronte commodity, che già sta mostrando una volatilità eccezionale?

R. Un aggravamento della situazione tra Russia e Ucraina si ripercuoterebbe inevitabilmente sulle materie prime. Oggi il petrolio sta scendendo, mentre il gas si mantiene su prezzi alti. Ma oltre alle tensioni geopolitiche, vedo un problema strutturale, dovuto ai minori investimenti degli anni passati, che hanno fatto sì che alla forte ripartenza della domanda non possa corrispondere un'offerta adeguata. Uno squilibrio del genere non si corregge in poco tempo.

D. E le conseguenze le stiamo vedendo sulle bollette. A proposito, il governo vi ha chiesto di aumentare la produzione di gas nazionale, così da poterla vendere a prezzi «ragionevoli», dice il nuovo decreto, a energivori e pmi in difficoltà. Cosa avete risposto?

R. Come Eni siamo pronti a discutere le proposte del governo. Diamo la nostra disponibilità, con spirito collaborativo. Vediamo come potremo dare un contributo all'aumento della produzione nazionale, consapevoli ch e maggiori volumi possano far scendere i prezzi e la dipendenza dalle fonti estere, ma possiamo farlo soltanto insieme. Tocca al governo accelerare le autorizzazioni.

D. Che farete per Saipem?

R. Saipem è una società a sé stante, Eni e Cdp sono state chiamate come maggiori azionisti a dare aiuto in questo momento di grande difficoltà e sostenerla nella ristrutturazione. La risposta è stata immediata, con la creazione di una nuova struttura, affidata a nostri manager (Alessandro Puliti, ex capo della divisione Natural Resources, ndr, affiancato dal vice dg di Cdp, Paolo Calcagnini), che ora stanno verificando le criticità e il backlog delle commesse. Questa nuova struttura deve creare i presupposti per guardare al futuro e poter predisporre finanziamenti ponte e aumento di capitale. Il primo passo, ripeto, è il lavoro di ristrutturazione. Quando ne vedremo i risultati penseremo al da farsi, ma mi pare evidente che Cdp ed Eni, già con questa prima mossa, abbiano dimostrato di voler aiutare Saipem.

D. Veniamo ai conti 2021. Utile record, ebit in fortissimo rialzo, robusto cash flow. A cosa attribuisce questi risultati ben oltre il consensus?

R. A una disciplina rigorosissima, abbiamo continuato a lavorare come se fossimo ancora nelle tenaglie del 2020. Solo così è stato possibile generare oltre 7 miliardi di cassa operativa, che coprono investimenti e dividendi. Abbiamo abbassato il debito di 2,6 miliardi, portando il leverage da 0,30 a 0,20. L'intera struttura ha lavorato in modo capillare, con verifiche settimanali di ogni segmento di business. Il segreto di questi risultati sta nella grande proattività industriale e nel rigore finanziario.

D. Colpiscono i risultati del business tradizionale, l'E&P. L'ebit è cresciuto del 500%.

R. Abbiamo scoperto 700 milioni di nuove riserve, penso per esempio ai successi esplorativi in Costa d'Avorio, a Beleine. Ma ragioniamo sempre in termini di transizione energetica. Il business tradizionale viene portato avanti senza aumentare i capex e con un impatto ambientale sempre più basso. Beleine, per esempio, sarà a emissioni zero. La cassa generata alimenta gli investimenti nel nuovo e così procediamo verso l'obiettivo di neutralità carbonica che ci siamo dati al 2050.

D. Avete appena quotato Var Energi alla Borsa di Oslo. Ora tocca a Plenitude.

R. Quella di Var è stata un'operazione rapida e di grande successo, la valutazione complessiva emersa dalla quotazione del 12,7% alla Borsa di Oslo è di 8 volte superiore al valore di libro della società, 8 miliardi contro un miliardo. Era da 10 anni che in Europa mancava l'ipo di una società oil & gas pura, operazioni simili sono state tentate e ritirate. Per Plenitude, che mette a fattor comune i nostri business retail, rinnovabili e mobilità elettrica, stiamo procedendo secondo i tempi. L'ebit ha raggiunto i 600 milioni di euro, con una crescita del 25%. La quoteremo quest'anno, alla prima finestra di mercato favorevole.

fch


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February 21, 2022 02:03 ET (07:03 GMT)