ZURIGO (awp/ats) - Nuova pesante perdita e ulteriori vasti deflussi di denaro di clienti per Credit Suisse (CS) nel primo trimestre, probabilmente l'ultimo di cui presenterà i conti prima di essere assorbito da UBS. Le novità erano però attese e gli investitori non si sono scomposti: anzi, in borsa il titolo CS si sta mostrando dinamico.

Il dato su cui forse si concentrava maggiormente l'attenzione era quello dei deflussi nel campo dell'amministrazione patrimoniale: sono ammontati a 61 miliardi di franchi, vale a dire al 5% di quanto in gestione a fine dicembre, emerge dalle comunicazioni odierne dell'istituto. Questo soprattutto in seguito all'emorragia registrata a metà marzo, quando l'istituto è stato confrontato con una perdita di fiducia che l'ha portato vicino al baratro, prima del salvataggio con una manovra - annunciata il 19 marzo dal Consiglio federale - che prevede l'acquisizione da parte di UBS.

Nella seconda metà di marzo Credit Suisse ha registrato anche notevoli deflussi di depositi in contanti e mancati rinnovi di depositi fissi in scadenza: i depositi di clienti sono calati di 67 miliardi. Questi esborsi, particolarmente elevati nei giorni immediatamente precedenti e successivi all'annuncio della fusione, si sono stabilizzati a un livello significativamente inferiore, ma fino ad oggi sono si è ancora osservata un'inversione di tendenza, fa sapere la dirigenza.

Le due cifre di 61 e 67 miliardi, tuttavia, non possono essere sommate perché vi è una certa sovrapposizione, ha precisato all'agenzia Awp una portavoce della banca. I patrimoni amministrati totali sono comunque scesi da 1294 miliardi (fine dicembre) a 1253 miliardi.

I conti sono risultati fortemente influenzati da vari fattori legati alla fusione, primo fra tutti l'ormai noto e controverso azzeramento delle obbligazioni convertibili AT1 operato dalla Finma, l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari. Su base rettificata l'istituto ha comunque chiuso il trimestre con ricavi in calo (annuo) del 40% e una perdita ante imposte di 1,3 miliardi di franchi: tutti i comparti hanno messo a referto cifre rosse, con l'unica eccezione delle attività elvetiche. Il gruppo prevede una "perdita significativa al lordo delle imposte" anche nel secondo trimestre e durante l'intero anno. Come si ricorderà il 2022 si era chiuso in con una maxi-perdita di 7,3 miliardi.

La società abbandona intanto i piani previsti per Credit Suisse First Boston, un'entità che doveva essere affidata all'ex membro del consiglio di amministrazione di CS Michael Klein. Con questo manager è stato trovato un accordo: l'addetta stampa del gruppo non ha voluto fornire ulteriori precisazioni in merito.

Intanto il mercato sembra tirare il fiato per l'assenza di quelle nuove notizie dell'orrore che taluni paventavano: nei loro primi commenti gli analisti sottolineano infatti come la situazione dell'impresa sia molto negativa, ma riconoscono che non sono emersi nuovi scheletri nell'armadio. La borsa ha così preso atto con favore delle novità odierne: a metà mattinata il titolo CS guadagnava l'1,7%, mostrandosi il più tonico fra i 20 del listino principale, che da parte sua marcia sul posto. Una progressione simile viene palesata anche da UBS, in aumento dell'1,6%: come si ricorderà in seguito alle condizioni dell'acquisizione rese note un mese fa i corsi delle azioni dei due istituti si muovono in simbiosi.

Quello diffuso oggi potrebbe essere l'ultimo bilancio intermedio di Credit Suisse, istituto che è stato l'orgoglio di Zurigo, fondato nel 1856 da una personalità di primo piano quale Alfred Escher (1819-1882). UBS non ha però ancora fornito una tabella di marcia precisa della fusione: qualche informazione supplementare potrebbe essere diffusa domani, quando il primo gruppo bancario elvetico presenterà a sua volta i conti.