ROMA (MF-NW)--Tra mercoledì 18 e venerdì 20 ottobre il titolo Nexi ha guadagnato oltre il 15% riportandosi a quota 6,62 euro e recuperando parte del terreno perso nell'ultimo anno. Il carburante del rally viene dai rumors su un'offerta internazionale che, sfruttando i multipli molto compressi del gruppo di pagamenti, potrebbe portare rapidamente a un cambio di proprietà. Il principale indiziato è il fondo di private equity inglese Cvc, già attivo in Italia con Recordati, Genetic, Multiversity, Maticmind e Bip. Secondo indiscrezioni raccolte da Bloomberg,, l'investitore starebbe studiando da mesi il dossier anche se a breve non ci sarebbero blitz in vista. Londra ha infatti lasciato filtrare che nessuna offerta è in preparazione. La partita però è calda e altri attori potrebbero giocarla. Secondo quanto risulta a Milano Finanza, Nexi sarebbe entrata anche nel radar di Blackstone, oggi alle prese con la proposta di acquisto sulla norvegese Adevinta. Il business dei pagamenti interessa molto ai vertici del colosso finanziario americano sia per le prospettive di crescita in termini di ricavi sia per le valutazioni molto più contenute rispetto a un paio di anni fa. Non è scontato che questo interesse si concretizzi in operazioni straordinarie sul mercato italiano ma di certo l'attenzione è alta. Anche altri soggetti sono in manovra e venerdì 20 il Corriere della Sera faceva il nome del fondo canadese Brookfield come possibile pretendente di Nexi.

Alcune speculazioni, scrive Milano Finanza. peraltro puntano sulla nascita di una cordata di fondi analoga a quella che nel 2015 acquisì l'Istituto Centrale Banche Popolari Italiane (oggi Nexi). Se molti scenari restano aperti, certo è che oggi Nexi è una delle società più contendibili del Ftse Mib e una delle più esposte a raid internazionali.L'incentivo principale per i corteggiatori è il prezzo. Negli ultimi 12 mesi le azioni del gruppo guidato da Paolo Bertoluzzo sono scese del 30%, mentre dai massimi dell'estate del 2021 il calo è stato del 66%. Un andamento riconducibile principalmente alle criticità del settore paytech, che negli ultimi anni ha conosciuto brusche inversioni di rotta. In una prima fase ragioni congiunturali (politica monetaria espansiva), industriali (la spinta all'outsourcing delle divisioni acquiring delle banche) e tecnologiche (la progressiva ritirata del contante) avevano messo il turbo agli operatori, favoriti anche dal boom dei pagamenti digitali avvenuto nel corso della pandemia. A metà del 2021 però il contesto è cambiato, soprattutto per l'inversione di tendenza delle banche centrali. Considerato l'alto livello di leva di molti operatori, l'aumento dei tassi ha fatto precipitare le valutazioni. Che non si sono più riprese. Da quel momento i multipli dei principali operatori sono scesi in picchiata segnando crolli anche maggiori rispetto a quello registrato da Nexi. Per il gruppo milanese criticità aggiuntive vengono da alcuni segnali di debolezza della divisione merchant (cresciuta meno delle attese nel primo semestre) e soprattutto dal debito.

Se una leva elevata è un tratto distintivo del paytech, specie in presenza di private equity, nel caso di Nexi alla fine di giugno il multiplo debito finanziario netto/ebitda si attestava a 3,2 per un'esposizione netta di 5,4 miliardi di euro. Il management sta cercando di ridurre il fardello, come dimostra il trend degli ultimi trimestri, ma certamente per il mercato si tratta di un aspetto critico da monitorare.

Alla contendibilità di Nexi contribuisce anche un altro elemento: la società non ha un azionista di riferimento che ne blindi il controllo ma un assetto proprietario suddiviso su una pluralità di investitori con profili e aspettative molto diversi. I fondi entrati nel 2015, cioè Advent, Bain e Clessidra, si sono fortemente diluiti con l'ipo del 2019 (avvenuta a 9 euro) ma hanno ancora in mano il 9,42% attraverso la holding Mercury. Al loro fianco c'è Hellman & Friedman, che ha rilevato il 19,92% nel 2020 con il conferimento di Nets, quando il titolo valeva 15 euro. Con l'integrazione di Sia sono entrati in Nexi anche soggetti pubblici come Poste e soprattutto Cassa Depositi e Prestiti, che oggi il mercato vede come emanazioni indirette del governo. Palazzo Chigi e Tesoro non si sono ancora espressi sulle ipotesi di questi giorni ma è molto probabile che l'intervento di soggetti stranieri su un asset strategico come i pagamenti non sarebbe accolto con favore.

Preoccupazione analoghe sono state espresse da diverse banche clienti di Nexi. Qui il timore è che un brusco cambio degli assetti azionari possa modificare le strategie industriali e le politiche commerciali di un gruppo attraverso il quale oggi passa una fetta cospicua delle transazioni del sistema economico italiano. Alcune di queste preoccupazioni si dissiperebbero se nei prossimi mesi la rete interbancaria italiana di Nexi (portata in dote da Sia ai tempi della fusione) fosse venduta a F2i, con cui sono in corso discussioni? Forse Il futuro del gruppo milanese è insomma un puzzle ancora da comporre. Tanto più che per ora nessuna offerta si è concretizzata e le fibrillazioni create dalla guerra in Israele potrebbero complicare le strategie dei pretendenti. Nel frattempo la Consob ha messo sotto osservazione il titolo.

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2309:27 ott 2023


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