L'Italia ha firmato un accordo preliminare con la Cina nel marzo 2019 che l'ha resa l'unico Paese G7 ad aderire al Bri, lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013.

L'allora premier italiano Giuseppe Conte sperava che l'accordo avrebbe rilanciato la fiacca economia italiana ma negli ultimi quattro anni ha prodotto pochi benefici.

I critici avevano espresso il timore che l'intesa avrebbe permesso alla Cina di ottenere il controllo di tecnologie e infrastrutture sensibili e da allora l'Italia ha adottato una serie di misure per porre un veto alle acquisizioni o limitare l'influenza delle aziende cinesi sulle controparti italiane ricorrendo al cosiddetto golden power.

PREMESSA INIZIALE

I due Paesi sottolineavano la propria storia comune, con l'Italia che serviva tradizionalmente come punto di approdo per il tratto marittimo dell'antica Via della Seta, che collegava l'Asia all'Europa occidentale.

OBIETTIVI PRINCIPALI

La Cina e l'Italia si erano impegnate a collaborare per rafforzare le relazioni politiche e i legami commerciali.

AREE DI COOPERAZIONE PREVISTE

- Trasporti, logistica e infrastrutture: Italia e Cina avevano detto di voler lavorare su progetti quali strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni.

- Nel settore energetico, dal 2014 State Grid Corporation of China detiene una partecipazione del 35% in Cdp Reti, holding che possiede circa un terzo degli operatori italiani delle reti elettriche e del gas, Terna e Snam.

- Eliminare gli ostacoli al commercio e agli investimenti, promuovendo una partnership tra le rispettive istituzioni finanziarie.

- Connettività tra le persone, sviluppando una rete di gemellaggi tra città e incoraggiando scambi culturali, scientifici, turistici e di istruzione.

- Cooperazione ambientale, perseguendo uno sviluppo sostenibile.

(Tradotto da Camilla Borri, editing Francesca Piscioneri)