BERNA (awp/ats) - Dopo il sostegno a Credit Suisse (CS), il professore di economia Aymo Brunetti non vede la necessità di adeguare il concetto di "too big to fail" (troppo grande per fallire). Secondo l'esperto, uno dei padri di queste regole per le banche sistemiche, la vicenda attuale dell'istituto di credito zurighese non è un segnale di crisi finanziaria.

"Quanto è stato fatto ora è un sostegno di liquidità da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) per una banca rilevante dal punto di vista sistemico e solvibile. È una cosa prevista per questi casi di crisi", afferma il professore di economia in un'intervista ai giornali dell'editore Tamedia pubblicata oggi.

Le norme "too big to fail" entrerebbero in gioco solo nel caso in cui CS disponesse di un capitale proprio insufficiente, cosa che attualmente non si verifica. Non si tratta di un salvataggio statale della banca, sottolinea.

Mercoledì sera, l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la BNS hanno annunciato che avrebbero fornito liquidità a Credit Suisse in caso di necessità. Poche ore dopo, CS ha annunciato che ne aveva bisogno e ha preso in prestito 50 miliardi di franchi dalla BNS per garantire la liquidità. Secondo Brunetti, la banca centrale ha così adempiuto al suo mandato di garantire la stabilità finanziaria.

Inoltre, dichiara Brunetti, l'operato della BNS non è un segnale di una crisi finanziaria come quella che ha portato al salvataggio di UBS. "Ad oggi, la situazione è ben lungi dall'essere paragonabile alla grande crisi finanziaria del 2008".