ROMA (MF-NW)--Nel solco del fondatore Leonardo Del Vecchio. In una presentazione ufficiale la finanziaria Delfin, la scatola attraverso cui il patron di EssilorLuxottica ha operato in vari settori, dagli occhiali alle banche all'immobiliare, spiega così le ragioni di una propria lista di candidati per il board di Mediobanca. Due i principi fondamentali: «Stabilità della struttura proprietaria e supporto alle società e alla loro espansione sia organicamente sia per vie esterne». A interpretare la linea di Del Vecchio, da quando il patron è scomparso nel giugno del 2022, è il top manager Francesco Milleri, designato dallo stesso fondatore al vertice del colosso degli occhiali e della holding lussemburghese di famiglia. Davanti ai soci della banca, in vista del voto del 28 ottobre, ora rivendica la strategia seguita da Del Vecchio, che con le scommesse indovinate su EssilorLuxottica, Covivio, Generali, Unicredit, Luxair e la stessa Piazzetta Cuccia ha consentito di costruire un portafoglio da oltre 29 miliardi di euro.

Da erede industriale del patron di Essilux, scrive MF-Milano Finanza, Milleri ha scelto lista e candidati per la merchant bank consultandosi solo con il board di Delfin - tutto nominato da Del Vecchio con incarichi a vita - e senza coinvolgere i soci. Si vedrà se riuscirà a piazzare tutti e cinque i suoi candidati. Intanto ha incassato un punto a favore: il proxy advisor Iss, pur suggerendo di votare la lista del cda, critica la ricandidatura di Renato Pagliaro alla presidenza, in quanto non più indipendente. La scelta di non coinvolgere i soci, cioè gli eredi di Del Vecchio su un punto chiave come i candidati per Mediobanca, e più in generale sulla strategia su un dossier tanto delicato, nascerebbe per Milleri da un vincolo di legge: quello della riservatezza e del divieto di diffusione di notizie rilevanti per il mercato. Lo ha spiegato replicando a una richiesta scritta di chiarimenti da parte di Luca, Clemente e Paola, tre dei sei figli di Del Vecchio. Ma in verità Milleri continua anche qui sulla linea del fondatore: in vita i figli erano stati tenuti fuori dalla gestione aziendale, e così continuerà a fare Milleri. La governance è dalla sua parte: Del Vecchio l'ha voluta blindata. Delfin è di fatto un trust in cui i manager comandano e i soci sono meri beneficiari che incassano le cedole e basta. Ma Luca e Clemente, i figli più giovani nati dalla relazione di Del Vecchio con Sabina Grossi, e Paola, la terzogenita avuta invece dal primo matrimonio, non gradiscono questa prospettiva.

È dunque la governance della cassaforte, il cui statuto può esser cambiato solo con l'unanimità di tutti gli otto soci (i sei figli, più la vedova Nicoletta Zampillo e il figlio di lei, Rocco Basilico, tutti con quote paritarie del 12,5%), il vero tema del contendere nella dynasty Del Vecchio. Secondo Luca, Clemente e Paola le decisioni non vanno prese in solitaria e senza coinvolgere gli azionisti. Così, anche per far pressione su Milleri, sono andati a gamba tesa sui soldi. Accettando l'eredità con beneficio d'inventario si sono opposti al legato che il padre aveva disposto a favore di Milleri: una mega-donazione di 2,1 milioni di azioni Essilux, dal valore attuale di 340 milioni di euro.

Ma perché le volontà di Del Vecchio non vengono eseguite? Nel testamento olografo del marzo 2021 in cui aveva disposto il lascito a Milleri, Del Vecchio aveva stabilito che, qualora all'apertura della successione non fosse stato personalmente proprietario di tutti i titoli, «l'onere di trasferire ai legatari le azioni necessarie per completare i legati» sarebbe gravato sugli eredi «senza spese a carico dei legatari». Ma nel patrimonio del de cuius sono stati trovati soltanto 400 mila titoli Essilux, dato che la partecipazione è tutta in Delfin e donata in nuda proprietà ai sei figli già in vita. Quel pacchetto è stato subito girato al manager: vale oltre 65 milioni di euro ma è pur sempre una frazione di quanto avrebbe dovuto avere. Devono essere dunque i figli a saldare questo debito. Ma qui c'è un grande problema. I soldi non ci sono. Dall'inventario si è registrato uno sbilancio fra attivo e passivo.

Dunque, il legato sulle restanti 1,7 milioni di azioni Essilux da dare a Milleri che sarebbe stato a carico pro-quota dei figli Claudio, Marisa, Paola, Leonardo Maria, Luca e Clemente rimarrà di fatto inevaso, perché con l'accettazione con beneficio d'inventario gli eredi rispondono dei debiti solo con l'attivo disponibile.

La situazione, già non semplice, si complica di un passaggio tecnico in più: la moglie Nicoletta Zampillo non è erede perché è stata nominata da Del Vecchio «legataria in sostituzione di legittima», con l'assegnazione delle case di Roma e Costa Azzurra. Attinge insomma anche lei all'attivo disponibile. Ma è di grado superiore a Milleri. Inevitabile, in queste condizioni, con i nove protagonisti che si parlano quasi solo tramite gli avvocati, che la questione sia finita davanti ai giudici di Milano. Milleri ha fatto un reclamo, e così anche la Zampillo, che deve difendere il suo grado di legatario superiore. In caso contrario, si arriverebbe al paradosso che a soddisfare il top manager sarebbe solo lei con i beni che il marito le ha lasciato, e non i figli che sono gli eredi.

Ne discuteranno in tribunale a febbraio, quando è prevista la prima udienza del reclamo che aprirà una causa di merito sui legati. La stessa Zampillo non ha ancora ricevuto le case di Roma e Beaulieu sur Mer che il marito le ha lasciato espressamente per testamento. Anche queste infatti non fanno parte del patrimonio personale di Del Vecchio ma sono intestate a Partimmo srl, una società controllata da Delfin. I sei eredi potrebbero semplicemente mettere mano al portafoglio e liquidare Milleri e la vedova. Le capacità le hanno: 4 miliardi a testa il valore delle quote in Delfin, più i dividendi staccati ogni anno. Ma neanche sulle cedole da incassare si sono messi d'accordo, tanto che sul 2022 hanno preso solo il minimo garantito da statuto di 8 milioni anziché 80. Insomma, un pasticcio che Del Vecchio certamente non si aspettava sorgesse.

Per risolvere la questione e uscire da una situazione «di cui sinceramente mi vergogno», come ha detto Leonardo Maria, il figlio di Del Vecchio più vicino a Milleri. Zampillo, secondo quanto risulta a Milano Finanza, avrebbe dato la sua disponibilità a pagare di tasca propria parte delle azioni che spettano a Milleri, ma a condizione che ci sia una pacificazione complessiva. La fine delle ostilità passerebbe attraverso un diverso modo di intendere la governance di Delfin: se il fondatore di Delfin avesse voluto creare un trust - sono le considerazioni che si fanno fra alcuni figli - lo avrebbe fatto e invece, pur con uno statuto che prevede alti quorum fra i soci per deliberare, Del Vecchio ha dato vita a una sarl nel Granducato.

Le parti però sembrano tutte arroccate sulle proprie posizioni. Tanto che Milleri, secondo quanto risulta a Milano Finanza, potrebbe alla fine rinunciare alle azioni che gli spettano, restando a vita alla guida della holding lussemburghese. Ma quanto può reggere un equilibrio basato su rapporti di forza in una cassaforte familiare? E, soprattutto, come si fa a gestire una holding quando tre soci su otto remano costantemente contro?

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1608:25 ott 2023


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